“I fattori principali dietro l’escalation e volatilità dei prezzi mondiali dei cereali nel 2010 sono stati legati – spiega Luigi Sidoli Direttore di Confagricoltura Piacenza –all’imprevista perdita dei raccolti in alcuni grandi paesi esportatori, seguita da comportamenti speculativi. La possibilità che l’exploit dei cereali possa consolidarsi in una tendenza viene, invece, dai paesi emergenti come la Cina: quest’ultima, con solo il 7% delle terre coltivabili e dell’acqua disponibile a livello globale, deve sfamare il 22% della popolazione mondiale. L’aumento del reddito disponibile spingerebbe inesorabilmente verso l’alto la necessità di importare grano e altre commodities agricole, con il conseguente aumento dei prezzi ed incrementando a sua volta il rischio di fenomeni speculativi.” La tesi viene confermata anche dalle recenti dichiarazioni del vicedirettore degli affari agricoli del governo cinese, Chen Xiwen, che rompendo il silenzio governativo, ha scritto che la capacità produttiva cerealicola cinese potrebbe non essere sostenibile. Xiwen sostiene che il consumo di prodotti agricoli ha superato la produzione, in particolare, la quantità di prodotti importati dalla Cina equivale ad almeno un’estensione di 40 milioni di ettari: una porzione di terreno coltivabile di cui Pechino non dispone. “Nei prossimi mesi ci potranno essere rincari sul fronte dei prezzi agricoli, per i quali si può prevedere anche una fase di elevata volatilità, con variazioni persino nell’ordine del 20%” – avverte Sidoli. Il rischio-rincari è confermato anche da uno studio elaborato da Confagricoltura sulla base di un’analisi dei dati forniti dal Ministero all’agricoltura Usa e dall’Ocse-Fao su grandi commodity come cereali, zucchero e carni. Le proiezioni a breve-medio termine sulla domanda di questi prodotti sono di crescita, mentre la situazione attuale dell’offerta di cereali e carni è sostanzialmente allineata ai consumi, anzi per il frumento sarà necessario attingere alle scorte. Questa “doppia velocità” è un problema, perché già entro due o tre anni l’aumento dei consumi potrà rendere necessario un aumento produttivo pari ad oltre 150 milioni di tonnellate di cereali (+7% rispetto alla produzione attuale) e 6 milioni di tonnellate oli vegetali (+4%). “Per non perdere l’appuntamento col mercato – conclude Sidoli – l’agricoltura italiana deve poter aumentare il potenziale produttivo contando su misure finalizzate ad accrescere la dimensione economica dell’impresa, con la ricerca e l’innovazione, ma anche riducendo i costi e creando le condizioni per un mercato con regole certe. Nei primi dieci mesi dell’anno l’export di prodotti agricoli italiani è aumentato in valore di oltre il 20%: è un chiaro segnale di quanto spazio ci sia ancora da occupare, per i nostri prodotti, sui mercati esteri ”.