E’ passato un anno e mezzo dal 30 aprile 2009, il giorno in cui il ponte sul Po aveva smesso di essere come l’avevamo conosciuto fino a quel momento spezzandosi a metà all’improvviso. Qualcuno quei pochi attimi che alle 12.22 coincisero con il crollo della strada da sotto le ruote, li ha ancora impressi nella memoria e forse continuerà a riviverli per sempre.
Il momento del «miracolo» per Pasquale Mazzocchi, l’unico dei coinvolti a non riportare ferite o contusioni e ad essere risalito dal crollo con le proprie gambe, rimane oggi un ricordo indelebile, ma superato. La vita continua. «Sì, posso dire di non avere avuto troppi problemi a recuperare – conferma – passato lo spavento iniziale ho ripreso la mia attività di elettricista e percorro il ponte di barche almeno 4 volte al giorno». L’uomo, 60 anni residente a San Rocco al Porto, sposato e padre di tre figli, ha da poco ricevuto 15 mila euro per i danni subiti al furgone e come risarcimento per l’interrompersi forzato dell’attività lavorativa. Lui e gli altri tre coinvolti nel crollo sono stati invitati dalla direzione di Anas e dalla presidenza della Repubblica a partecipare alla cerimonia d’inaugurazione di questa mattina, con uno spazio riservato a metà ponte proprio come vere autorità. «Ci sarò, quest’opera era indispensabile, sia San Rocco che Piacenza ne trarranno beneficio – conferma Mazzocchi – poi per una volta si può dire che i tempi siano stati rispettati. A memoria non ricordo un’altra grande opera italiana che sia stata terminata nella data prestabilita all’inizio dei lavori».
Ma per qualcun altro le cose non sono andate così lisce. «La paura è passata, ma non del tutto – spiega Aldo Aramini, imprenditore di quasi 70 anni di Caselle Landi che il 30 aprile del 2009 si trovava a metà ponte con la sua Alfa Romeo 159 colore nero – quel giorno riportai diverse microfratture alle vertebre, ma in seguito ho dovuto affrontare l’accaduto anche dal punto di vista psichiatrico, per oltre sei mesi ho evitato gli spostamenti». Oggi Aramini è tornato a tempo pieno ad occuparsi della sua azienda di riparazione di veicoli industriali, un impegno che lo porta a spostarsi di frequente tra San Nicolò, Tortona e Milano e a percorrere quotidianamente il ponte provvisorio di barche. Anche lui sarà presente all’inaugurazione di oggi, pur con qualche sassolino ancora nelle scarpe. In primis, il risarcimento, che l’uomo paragona ironicamente a «un caffè», confessando di aver sperato in «qualcosa di più». Poi, la sciagura ancora in testa. «Quel giorno è come se avessi subìto un attentato, per due o tre anni hanno continuato a fare ristrutturazioni e il degrado del ponte era cosa nota – precisa – oggi sono contento per questa nuova struttura, finalmente potremo riconquistare un po’ di tranquillità».
Il piacentino Antonio Rinaldi, sposato e padre di tre figli, è invece ancora immerso in una vera e propria Odissea personale. «A 50 anni mi trovo a dover ricominciare tutto da capo, come fossi un bambino – dichiara – evito gli spostamenti, mi muovo a piedi e sto lavorando con lo psichiatra per iniziare ad andare in bicicletta e ritrovare un minimo di autonomia». Un anno e mezzo è trascorso, ma Rinaldi è come se fosse ancora su quel pezzo di ponte crollato. «Non c’era più la strada – racconta sconvolto – sono caduto in volo e porto le conseguenze dell’impatto ancora addosso». Colonna vertebrale rovinata e dolori permanenti a schiena, testa e collo, l’uomo è in costante cura a base di terapia del dolore, infiltrazioni e compresse di morfina. Per lui, che era macchinista per le Ferrovie dello stato e che oggi è costretto a lavorare in ufficio, la vita quotidiana è cambiata in modo irreversibile. «Dovrò convivere per sempre con il dolore fisico e continuare le cure di psicoterapia – riferisce Rinaldi – all’inaugurazione non andrò, al solo pensiero di passare su un ponte sto male. Da quello provvisorio mi sono tenuto lontano, mi è bastato viaggiare in auto da passeggero per andare a Crema». «L’impatto con il ponte sull’Adda è stato devastante – prosegue – ho avuto tachicardia, capogiri e vomito, la notte non riuscivo a dormire per gli incubi». Finora da Anas è arrivato un parziale anticipo in denaro per risarcire le spese sostenute per visite mediche e consulenze legali, ma è ancora presto per intravedere un rimborso vero e proprio. «Sto ancora sostenendo delle visite per le perizie legali, finchè non saranno terminate non potremo parlare di rimborso – sottolinea – spero si arrivi a una soluzione al più presto, ma soprattutto mi auguro di ricevere una proposta equa. Lavorando in ufficio, lo stipendio è calato di 700 euro e questo si ripercuoterà anche sulla pensione. Sono aspetti che vorrei chiarire con Anas, ma per ora è tutto un grande punto interrogativo».
Con ogni probabilità non parteciperà alla cerimonia di questa mattina anche Marco Granzini, 28 anni, lodigiano e impiegato a Gragnanino, il più grave dei feriti dal crollo. Quel 30 aprile fu ricoverato in prognosi riservata all’ospedale di Piacenza. Oggi del suo caso preferisce non parlare, tanto dev’essere grave il rischio di rievocare il momento. Meglio dimenticare e lasciarsi il ponte alle spalle. Vecchio o nuovo che sia.