“Non siamo implicati in vicende mafiose”. Dopo l’interrogazione di Italia dei Valori, che chiede spiegazioni sull’attività della Eco.Ge, ditta che sta effettuando la demolizione dell’ex zuccherificio Sacofin di Sarmato e che sarebbe riconducibile a Gino Mamone, imprenditore nel mirino degli inquirenti per reati ambientali è arrivata secca la risposata di Antonio Mamone, fratello e responsabile del cantiere. Questa mattina lo abbiamo incontrato, proprio a Sarmato nel suo ufficio in via Emilia Pavese alle porte di Sarmato. Con cordialità Antonio Mamone ha risposto ad alcune domande, in via informale, avendo come unico obiettivo quello di allontanare le ombre che aleggerebbero intorno alla sua famiglia. Secondo una relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia infatti (2° vol. – 2° semestre 2002) Gino Mamone, non solo sarebbe indagato per reati ambientali, ma risulterebbe segnalato per i suoi legami con la cosca della ‘ndrangheta calabrese dei Mammoliti. Da alcune telefonate, intercettate dagli inquirenti, sarebbe stato accertato lo stretto legame tra l’imprenditore e Vincenzo Stefanelli, esponente della criminalità organizzata di stampo mafioso, anch’egli imprenditore edile. Su questo Antonio Mamone è stato chiaro nel ribadire l’estraneità, sua e della famiglia da ogni implicazione mafiosa: “se avessimo delle irregolarità ci avrebbero già sequestrato tutto, visto che sono dieci anni che la Dia (Direzione investigativa Antimafia) sta indagando. Io e la mia famiglia siamo estranei a questo genere di collusioni. Lo dimostra la storia della nostra attività, dove mai nessuno è finito in manette. Ho moglie e due figli e se avessi certi rapporti non sarei a lavorare qui questa mattina, ma semmai a sciare a St. Moritz”. L’aspetto paradossale è realistico, visto dove abbiamo incontrato Antonio Mamone. Il suo ufficio, che si trova all’ingresso dell’ex zuccherificio di Sarmato è il classico locale spoglio e privo di riscaldamento, trascurato nei dettagli superflui come se ne trovano tanti nei cantieri edili. Anche Antonio Mamone, a differenza del fratello; sempre ritratto in foto vestito in giacca e cravatta o con camice di sartoria, vestiva i panni del responsabile di cantiere: jeans, maglione pesante e cuffia per proteggersi dal freddo. L’attenzione per l’attività dei Mamone è tornata a galla dopo la stipula in Prefettura, da parte dei comuni di Rottofreno e Sarmato del “Protocollo di legalita” che, in sostanza, dovrebbe evitare le infiltrazioni della criminalità organizzata negli appalti pubblici. Il sindaco di Sarmato, Anna Tanzi Cuminetti, ha fatto sapere in via informale che non si tratterebbe di appalti pubblici ma di un lavoro affidato da un’azienda privata ad un’altra azienda privata.
E’ anche vero però, come sottolineato dall’Idv, che la Eco. Ge. risulta sottoposta a verifica nell’ambito delle procedure in materia di impatto ambientale dalla stessa Provincia di Piacenza per il trattamento di rifiuti dell’ex zuccherificio di Sarmato.
Ma la Sacofin non è l’unica azienda in liquidazione che ha a che fare con Eco. Ge.: secondo un’inchiesta, alcuni tir della società di Mamone sono stati fotografati all’interno della Sogin di Caorso, la società che si occupa del decommissioning della centrale nucleare.