“Il comparto agricolo, in generale, non è ancora uscito dalla profonda crisi che lo ha colpito – spiega Luigi Sidoli direttore di Confagricoltura Piacenza – il comparto suinicolo, tuttavia, versa in una situazione di particolare gravità. Da tempo insistiamo perché venga quanto prima redatto un nuovo piano di settore che tenga conto della necessità di riorientare il mercato, non più caratterizzato, come una volta, solo dalla produzione del suino pesante da salumeria. E’ indispensabile, inoltre, che il Ministero delle Attività Produttive recuperi le risorse necessarie a sostenere il riassetto del sistema produttivo delle carni suine, che costituisce uno dei settori trainanti dell’economia del nostro Paese”. Non è tollerabile – fa sapere l’Associazione degli Imprenditori Agricoli – assistere al reperimento di risorse per alcuni settori e dovere invece assistere impotenti al collasso di un comparto produttivo strategico per l’Italia, come quello suinicolo. “La situazione – puntualizza Sidoli – risulta ancor più difficile a causa dell’invasione di carne suina di provenienza estera, che acquista competitività solo in virtù di fattori totalmente estranei alle capacità imprenditoriali dei produttori i quali svolgono le loro attività produttive in Paesi in cui godono d’incentivi e politiche di sostegno espressamente dedicati al comparto d’appartenenza. E’ doveroso che il sistema Paese intervenga, colmando l’eccessivo ritardo fino ad oggi maturato, stringendosi attorno agli attori della filiera suinicola per difendere un baluardo dell’economia agroalimentare italiana, che rischia di essere definitivamente annientato dalle importazioni sempre crescenti di carni suine importate da Paesi esteri”. Confagricoltura appoggia, in questo contesto, anche la richiesta di aiuto del Gruppo consultivo Carni suine del Copa-Cogeca alle istituzioni comunitarie. L’SOS, lanciato dai rappresentanti degli allevatori suinicoli, riguarda la crisi che attanaglia il mercato delle carni suine nell’Unione europea. “E’ palese ormai – commenta Sidoli – come la mancanza di aiuti comunitari diretti per il settore, l’inasprimento costante degli standard in materia ambientale e di salute e benessere degli animali per i Paesi membri, il perdurare del lungo periodo di margini negativi per gli allevatori, l’aumento dei prezzi dei cereali e quindi dei costi dell’alimentazione, nonché le vendite sottocosto dovute ai forti squilibri interni alla filiera alimentare suinicola, impongano una presa di posizione forte da parte delle istituzioni nazionali e comunitarie. Sarebbe quanto mai opportuna la predisposizione di strumenti mirati e di strategie politiche di lungo periodo, così come avvenuto nel recente passato per il comparto lattiero-caseario e per quello ortofrutticolo”.