Per il pomodoro i problemi non finiscono mai, anche a campagna quasi conclusa. Al Nord le produzioni continuano ad essere nei campi a causa delle piogge autunnali che impediscono la raccolta ed alcune industrie hanno chiuso creando innumerevoli problemi ai produttori. Al Sud si risente ancora dei disagi dell’inizio campagna e rimane vivo il disappunto per il mancato rispetto dei contratti da parte delle industrie. “Stiamo monitorando costantemente la situazione – spiega il piacentino Fabrizio Portapuglia Presidente della Federazione Nazionale Pomodoro da Industria di Confagricoltura e Presidente della Sezione Pomodoro da Industria di Confagricoltura Piacenza -tutti i territori interessati dalla produzione del pomodoro chiedono di tenere conto dell’anomalo andamento della campagna e di modificare il decreto che detta le regole per l’erogazione del premio accoppiato. Anche nella nostra provincia le rese sono state inferiori alla media, con una qualità di prodotto cui le industrie hanno facilmente assegnato percentuali di scarto, mediamente, del 10%, una percentuale che sarà certamente maggiore sulle varietà tardive di cui, peraltro, non riusciamo a terminare la raccolta. La delegazione di Confagricoltura che ha riferito in Senato nei giorni scorsi ha giustamente sottolineato la necessità di una programmazione realistica che non può essere ulteriormente elusa, se si vuole dare un futuro all’intera filiera. Per far fonte alla grave situazione attuale, la Commissione agricoltura del Senato, recependo le nostre istanze, ha fatto propria la richiesta di modifica del decreto che vincola ad una resa minima l’assegnazione del premio accoppiato: le condizioni di questa pessima campagna lo impongono per evitare che al danno si aggiunga la beffa di non veder riconosciuto nemmeno il contributo che dall’anno prossimo sarà comunque un ricordo”. In prospettiva, la norma sull’etichettatura potrebbe dare maggiori informazioni ai consumatori, ma una vigilanza oculata sarà quanto mai opportuna per trasformare questo in un giusto riconoscimento del valore della produzione. Da parte agricola occorrerà saper comunicare bene le proprie “ragioni”, senza demagogia. “Il provvedimento che obbliga all’indicazione dell’origine in etichetta varato dalla Camera – sottolinea Portapuglia – fa riferimento ai concetti di “prevalenza” della materia prima e di “ultima trasformazione sostanziale”: due elementi che, paradossalmente, potrebbero, a certe condizioni, aumentare la confusione del consumatore anziché diminuirla. Come nel caso dell’olio di oliva, sarebbe preferibile una disciplina concepita e varata a Bruxelles, per evitare ogni possibile contenzioso che indebolirebbe peraltro la posizione dell’Italia in sede comunitaria alla vigilia di un negoziato delicato per il futuro della Pac danneggiando, inoltre, i produttori in termini di competitività internazionale.”