Un miliardo di contadini “schiacchiato” dal peso dell’agricoltura globalizzata. Questo il tema su cui è intervenuto questa mattina all’auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano Piero Bevilacqua, ordinario di storia contemporanea all’Università La Sapienza di Roma e studioso dell’evoluzione storica del settore primario. «Oggi i contadini devono far fronte a una doppia compressione – ha spiegato lo storico – da un lato c’è l’agrindustria, cioè la produzione di concimi e pesticidi che i lavoratori della terra sono costretti ad acquistare. Dall’altro le strutture commerciali, che distribuiscono i prodotti su larga scala e costringono i contadini a vendere ad un prezzo sempre più ridotto». Due le prospettive che Bevilacqua indica per salvare questi lavoratori definiti come le «forze che permettono all’umanità di vivere». «Cambiare i metodi di produzione e arrivare al biologico», per poi stabilire un rapporto diretto tra produttori e consumatori in grado di «spezzare la tenaglia in cui i contadini sono stretti, per arrivare a fornire cibi più sani e meno costosi».