Ricorrono oggi i festeggiamenti anche a Piacenza per il 65° anniversario della Liberazione d’Italia. Numerose le manifestazioni in programma per tutto l’arco della giornata, iniziate con un lungo corteo partito da via Genova terminato in Piazza Cavalli dove, alla presenza di cittadini ed autorità, il presidente della Provincia Massimo Trespidi ed il primo cittadino Roberto Reggi, hanno tenuto i loro discorsi."Una grande festa di unità per il popolo italiano" ha esordito il presidente della Provincia prima di riservare ampio spazio al ricordo di un giorno fondamentale per la democrazia, con un pensiero particolare a chi stette dalla parte giusta e chi dalla parte sbagliata, aprendo tuttavia ad una riconciliazione onesta.Qui di seguito il testo integrale del discorso del sindaco Reggi tenuto questa mattina in Piazza Cavalli nella cerimonia di celebrazione per il 65° anniversario del giorno della Liberazione. "Autorità, Signore e Signori, oggi è un giorno importante, un giorno di festa per il nostro Paese e per questa città, orgogliosa della sua Medaglia d’oro al Valor Militare per la Resistenza. Nel 65° anniversario di quel 25 aprile che consolidò, dopo gli anni bui del regime, la nostra coscienza di popolo e il senso di appartenenza ad un’unica patria, celebriamo la Liberazione d’Italia dall’oppressione nazifascista e la volontà, condivisa allora da tutte le forze politiche che credevano nella democrazia, di fondare su questa stessa parola il futuro della nazione. In un’Europa che andava assumendo un volto nuovo dopo i disastri della guerra, il nostro Paese ricostruiva la propria dignità sulle basi di quello straordinario sforzo condiviso che fu la Resistenza. Una storia scritta non solo dagli uomini, ma anche dalle tante giovani donne che nelle piccole e grandi città, tra le nostre montagne, abbracciarono la lotta partigiana, mettendo consapevolmente a rischio la loro vita in nome di un ideale più grande, spendendosi con quella generosità immensa che contraddistingue chi non esita nel dare se stesso per il bene degli altri. Una storia impressa nel sacrificio di tutti coloro che pagarono, con la deportazione e l’internamento nei lager, il proprio rifiuto di aderire a un’ideologia violenta e xenofoba o, più semplicemente, la colpa di una presunta diversità. Una storia sancita, infine, dagli interventi delle forze armate in Italia e oltre i nostri confini all’indomani dell’8 settembre 1943, ma anche dalla coerenza, forte e silenziosa, di tanti concittadini che scelsero da che parte stare, collaborando con gli alleati e i partigiani per restituire, all’Italia, la speranza: la possibilità di guardare al domani con gli occhi di chi avrebbe avuto, innanzi a sé, un ritrovato senso della vita. Quel 25 aprile, tra storia e memoria, è oggi più che mai attuale e presente, e di quei giorni dobbiamo cogliere il significato più vero e profondo per evitare il conformismo e la banalizzazione, per difendere il pluralismo da ogni tentativo di omologazione culturale e mediatica, che purtroppo stravolge gli ideali di allora. Perché è nell’opposizione partigiana e popolare al fascismo, che Beppe Fenoglio ha descritto così bene come "inebriante coscienza dell’uso legittimo del potere", che affonda le sue radici la partecipazione e la presenza degli italiani alla vita politica, sociale e culturale del Paese. Porre, oggi, la questione della Resistenza, significa ribadire la necessità e il bisogno di contrastare la degenerazione della politica, il suo scadimento dialettico e dialogico, la mancanza di un confronto aperto e sereno e l’acuirsi della litigiosità, dello scontro. Significa, ancor prima, opporsi a quel concetto distorto di libertà che il giornalista inglese John Kampfner indica in un libro dal titolo emblematico – "Libertà in vendita" – sottolineando come, in questi anni, l’Italia e altre nazioni europee siano state teatro di una vera e propria "erosione democratica". Abbiamo lasciato, in sostanza, che la nostra libertà venisse asservita e ridotta a strumento per produrre prosperità, provocando il declino degli ideali incastonati in quel processo che ha portato alla liberazione del nostro Paese, e che un tempo consideravamo sacri. Anche per questo motivo, è importante richiamare oggi ciò che ci ha insegnato la Resistenza, in quanto cammino decisivo e premessa irrinunciabile dell’Italia definita dalla Carta costituzionale, nonché pilastro della rinascita economica, sociale e culturale del Paese. Il 25 aprile ha lasciato un segno, una traccia che non dobbiamo disperdere: voglio pensare che tante piazze, in questa ricorrenza, siano gremite di gente, quella stessa gente che crede nella libertà e nella democrazia e che con la propria presenza, oggi, incarna un monito e un’esortazione a che quelli stessi princìpi non vengano soffocati da una presunta democrazia mediatica. Voglio aggiungere che la crisi internazionale non è soltanto espressione di un forte disagio economico, ma anche la conseguenza di una distorsione dei valori che ha portato all’estremo la ricerca del profitto, spesso accantonando il rispetto della persona umana. E allora ricordiamoci, oggi, di cosa è stata la Resistenza in un Paese disgregato, dilaniato dalle ferite del conflitto, diviso e violato: la lotta per la Liberazione è riuscita a far emergere, da quella devastazione, una capacità trainante di aggregazione. Si ebbe, in quegli anni, una svolta solidaristica dell’Italia, che seppe riprendersi dal nulla e, nel nome della libertà e della democrazia, dell’ugugaglianza sociale e della giustizia, riuscì a darsi un ordinamento legislativo, a stabilire diritti e doveri per tutelare i più deboli, e salvaguardare le nuove generazioni da ogni fascismo, strisciante o esplicito. Perché la libertà sia sempre onorata come conquista irrinunciabile ma mai scontata, perché non la si privi di elementi portanti quali la partecipazione, la condivisione e la coesione sociale: per questo festeggiamo il 25 aprile, rendendo omaggio alla memoria di tutti coloro che, come ha scritto Piero Calamandrei, stipularono quel "patto giurato fra uomini liberi, che volontari si adunarono per dignità e non per odio, decisi a riscattare la vergogna e il terrore del mondo". Infine, in chiusura, desidero sottolineare che l’Amministrazione Comunale, accogliendo la richiesta dell’Anpi Provinciale, intitolerà a Nereo Savi l’area verde di Mortizza, la frazione cittadina in cui questo partigiano della Divisione Valdarda barbaramente ucciso in un conflitto a fuoco con i nazifascisti nel 1944 a Caselle Landi, era nato e aveva vissuto. Ne onoreremo in tal modo in tal modo la memoria. Grazie. "