Il Nucleo tutela faunistica della Polizia Provinciale ha sorpreso qualche giorno fa un cittadino ucraino mentre installava un laccio in acciaio per catturare grossi ungulati.L’ispettore Roberto Cravedi, responsabile del Nucleo, e l’assistente scelto Pietro Masini lo hanno colto in flagrante dopo una serie di indagini mirate a far cessare questo odioso metodo di cattura, vietato dalla Legge e purtroppo estremamente efficace nel bloccare gli animali selvatici .Il fatto è avvenuto sulle colline di Vgolzone.Ora il contravventore dovrà pagare una sanzione amministrativa che può variare dai 258 ai 1549 euro alla Provincia, per la detenzione del laccio (la detenzione di trappole è vietata dalla Legge Regionale 8/94), e potrà essere condannato dal Tribunale al pagamento di un’ammenda fino a 1549 euro per violazione penale della Legge 157/92, che vieta l’utilizzo per la caccia di mezzi non consentiti.Il laccio in questione aveva un diametro di 40 centimetri ed era costituito da un cavo in acciaio con morsetti: ancorato saldamente ad una pianta, avrebbe inesorabilmente imprigionato l’animale che fosse transitato in quel punto, provocandogli una morte atroce, tra lunghe ed inaudite sofferenze. Gli animali imprigionati, infatti (non solo selvatici: capita di frequente che nel cappio finiscano dei cani, o altri animali domestici), muoiono di fame e di sete, o per lento soffocamento, e la loro agonia può protrarsi per giorni, perché spesso chi ha installato le trappole non si perita di tornare a controllarle. Le carogne di alcuni animali intrappolati restano così ad imputridire nei boschi per settimane, con tutti i problemi igienico ambientale che da ciò possono derivareNon è la prima volta che la Polizia Provinciale coglie in fallo individui che commettono reati di questo genere. Successe già nel 2005, ad opera degli stessi agenti di Polizia provinciale, in un’azione condotta con i carabinieri della stazione di Lugagnano. In quella circostanza venne individuato e multato un individuo successivamente condannato, anche per altri reati, alla pena di quattro mesi e venti giorni di carcere. Da segnalare il fatto che il cittadino ucraino non è un cacciatore, categoria di cittadini che ha sempre preso le distanze da questo modo aberrante di esercitare la pratica venatoria.Lo dimostra il fatto che sono proprio i cacciatori i primi a cercare di prevenirne gli effetti, con azioni di rastrellamento, condotte ogni anno nei boschi della Provincia, sotto il coordinamento della Polizia provinciale, per individuare ed asportare queste micidiali macchine di morte.