POLLEDRI (LEGA NORD): ?TRA DECINE DI FEMMINISTE SONO STATO L?UNICO A PARLAR

Egregio Direttore, trovarsi di fronte un parterre di nostalgiche femministe sessantottine e costatare di essere solo a difendere i diritti delle donne, quelli veri. Anche di quelle immigrate, più esposte a certe aberrazioni. È il paradosso che mi è capitato lunedì scorso. Qualche giorno prima ricevo una chiamata da una giornalista di Panorama (alla faccia della mancanza di pluralismo nei periodici di proprietà della famiglia Berlusconi), vengo invitato a un incontro al circolo della stampa di Milano dal titolo: "Le donne della realtà". Al tavolo dei relatori: cinque giornaliste, una professoressa di psicologia sociale e la collega senatrice di area Pd, Emanuela Baio Dossi. Si parte dal recente appello bipartisan "al bene comune" che, sostenuto da parlamentari europei di tutti gli schieramenti, già a giugno invitava alla moderazione e alla sobrietà dei comportamenti nella vita pubblica dei politici. Prende la parola la docente: parla di «estremo ritardo dell’Italia per quel che concerne le donne», incalza sulle proporzioni tra il numero degli eletti dell’uno e dell’altro sesso, accenna a «residui di cultura patriarcale», e di «sessismo», mixa il tutto con alcuni dettagli sui «processi di oggettivazione» del genere femminile e chiude delineando il quadro delle conseguenze che questi portano, a partire dall’«auto-oggettivazione» delle donne. Segue la senatrice. Sembra "volare alto" rifacendosi all’appello parlamentare recentemente sottoscritto, ma rifugge subito nelle lenzuola di Berlusconi. La parola passa a me. Mi lascio alle spalle tecnicismi e gossip e provo, tra le altre cose, a rilanciare la discussione sui temi dell’infibulazione (nel nostro centinaia di bambine ne sono vittime. Nel complesso sono 35mila le mutilate), del velo, dei diritti delle donne. Nella sala Montanelli si levano grida, contro di me dita puntate. È più forte l’ideologia dell’orrenda pratica della mutilazione ai genitali. Seguono gli interventi. Interminabili. Ciascuna (giustamente) vuole dire la sua. Si parla della grande discriminazione lessicale, scandalo del nostro tempo… L’accademica dichiara tutte le sue perplessità per i risultati di una ricerca che rivela come nel cervello dell’uomo i termini "professore" e "professoressa" abbiano valenze differenti. Ci si indigna per alcune pubblicità che strumentalizzano il corpo femminile (come se minigonne e bikini negli spot fossero tipici dell’era post-Daddario). Dispiace vedere che, nonostante i dotti appelli a «volare alto», si sia sprecata un’occasione per dimostrare di essere davvero "super partes", in nome della dignità in rosa. Passo indietro. Che cosa significa volare alto? Significa limitarsi a indagare la donna come oggetto di studio? Significa tornare, per l’ennesima volta, a parlare delle lenzuola dei personaggi pubblici? Torniamo, piuttosto, alle radici dell’appello: il bene comune non sta né nelle camere da letto né nei sermoni scientifici. Riabilitiamo le donne della realtà: quelle discriminate sul posto di lavoro perché incinte, quelle costrette a inumani trattamenti, quelle vittime della violenza casalinga. Una sintesi è possibile. Le nuove frontiere del dibattito non stanno in "Striscia la notizia", ma nel rilanciare il dialogo con le donne più giovani e nell’aiuto che, come istituzioni, dobbiamo fornire alle immigrate.  Massimo Polledri

Radio Sound