Giornata della Memoria, gli interventi di Reggi, Spezia, Boiardi e Polledri

Giornata della Memoria, questo il discorso del sindaco di Piacenza Roberto Reggi. "Mai dimenticherò quella notte, la prima notte nel campo, che ha fatto della mia vita una lunga notte…": inizia così, con il racconto del suo arrivo ad Auschwitz, la poesia più bella e dolorosa del Premio Nobel per la Pace Elie Wiesel, che alla drammatica esperienza dell’Olocausto ha dedicato pagine di vita altissime e struggenti.  Nel giorno consacrato alla Memoria delle vittime della Shoah e delle persecuzioni razziali, nel ricordo delle donne e degli uomini che hanno subito la violenza e l’oppressione dell’ideologia nazi-fascista, il nostro pensiero commosso e sincero  va a tutti coloro che hanno visto negata, umiliata e calpestata la propria dignità, la propria identità e la propria appartenenza religiosa, etnica, politica e civile. Anche nel loro nome, ribadiamo con convinzione che non solo è inaccettabile e sconcertante ogni tentativo di rinnegare la storia dell’Olocausto, ma è intollerabile, oggi come ieri, qualsiasi richiamo all’idea di eliminazione di uno Stato o di un popolo: "Vorrei – ha affermato a questo proposito il segretario generale dell’Onu Ban Ki Moon – che questo principio fondamentale fosse rispettato sia nella retorica dei discorsi istituzionali, sia nella pratica dei comportamenti, da parte di tutti i membri della comunità internazionale". Il suo appello, purtroppo, è profondamente attuale, e ci riporta al fatto che nel Giorno della Memoria ci interroghiamo non solo sul passato – ponendoci una domanda fondamentale: "come è potuto accadere tutto questo?" – ma anche sui noi stessi, sul modo in cui questo capitolo della storia ha segnato ciò che siamo e ciò in cui crediamo. Mentre il dibattito culturale e scientifico sostiene che siamo entrati nell’età della postmemoria, stagione che ci obbliga a confrontarci con il tema della conservazione di certi eventi e con gli strumenti che abbiamo per indagarli, comprenderli e rappresentarli, il nostro impegno deve continuare a indirizzarsi in un’unica direzione: impedire che il genocidio ebraico, la cui testimonianza ha richiesto tempi lunghi prima di rendersi "visibile" nella coscienza pubblica, venga dimenticato. Alcuni studiosi della Shoah individuano, nella folle logica organizzativa che ha permesso la perpetrazione del più grave crimine contro l’umanità, il meccanismo che ha facilitato la diffusione dell’ideologia nazista, nascondendo le responsabilità dei singoli e dando luogo a un’adesione e a una colpevolizzazione di massa. Oggi più che mai, il significato di questa ricorrenza ci impone invece di riconoscere la responsabilità degli individui, chiamando in causa la coscienza di ognuno, la consapevolezza delle proprie scelte, la distinzione tra il bene e il male.  Ed è con riferimento alla fragilità dell’esistenza umana e alle conseguenze dirette che la politica dello sterminio ha avuto su milioni di vite, che vorrei concludere citando un brano delle lettere che la giovane olandese Helga Deen, a soli 18 anni rinchiusa nel campo di concentramento di Vught, scrisse al suo fidanzato durante la prigionia: "Ogni giorno vediamo la libertà al di là del filo spinato. C’è anche un sentierino, contornato di arbusti e betulle, che finisce molto in lontananza in un campo di grano. Spesso vagheggio che tu lo trovi e che io possa vederti comparire alla sera…". E ancora: "Attraverso un pezzetto di finestra ho visto tramontare il sole, oro fuso dietro a luccicanti foglie di betulla. Un silenzioso fuoco sacro. Com’è possibile tutto questo? Da una parte quella bellezza sacra, tranquilla, e dall’altra questa atrocità rivoltante". Quel ragazzo con cui sognava di costruire il futuro, Helga non lo avrebbe più rivisto. Deportata il 1° giugno del 1943, venne uccisa con la famiglia il 16 luglio dello stesso anno. Il suo diario ha un titolo significativo: "Non dimenticarmi". Questo invece l’intervento del vicepresidente della Provincia Mario Spezia. "Quando ci troviamo, quest’anno come da nove a questa parte, a celebrare il Giorno della Memoria, istituito nel 2000 dal Parlamento con il voto unanime di tutto l’arco politico che vi era rappresentato, nasce il problema di quale atteggiamento assumere di fronte ad una tragedia che non trova riscontro nella storia del genere umano. Inveire, maledire coloro che se ne resero responsabili? E’ una delle opzioni, comprensibile. Ma l’Olocausto è una tragedia che schiaccia, che fa ammutolire. Non ci sono parole che possano dare la misura dello sdegno, non ci sono parole che possano descrivere lo sgomento di cui essa colma ogni cuore che non sia tetragono alla compassione ed all’umana pietà. Di fronte alle lapidi che la ricordano, di fronte alle baracche dei campi di sterminio, di fronte alle pile di scarpe, alla massa dei vestiti dei deportati che ancora oggi giacciono ammonticchiati nei vestiboli delle camere a gas, nei corridoi dei forni crematori, viene allora più spontaneo, ed è, se si vuole, più eticamente corretto, un atteggiamento più raccolto: un silenzio muto e dolente. La condanna, per chi si è reso responsabile di quegli orrori, è implicita, sta nei fatti, l’ha emessa la storia. Ma se maledire non serve, non è inutile ricordare. Anzi, ricordare è probabilmente il modo più responsabile che abbiamo di evitare che si ripeta simile tragedia.  Ricordare "Per non far tornare ciò che è accaduto", ha scritto Primo Levi, con parole non nuove ma mai più adeguate, mai più vere, sentite, fondate. La possibilità che quanto è accaduto si ripeta, infatti, è tutt’altro che remota: è quanto mai presente, vicina, latente. Lo dimostrano i tanti episodi di intolleranza e di discriminazione razziale che si rinnovano nel mondo, quasi quotidianamente; lo dimostrano le guerre che continuano a travagliare tante parti di questo pianeta. Non scordiamo che in Europa, poco più di 60 anni fa, sbandierando questi valori due falsi profeti hanno trascinato dietro di sé due popoli. Quei valori hanno, perciò, un loro fascino aberrante. Per esorcizzare le aberrazioni, non dobbiamo perciò abbassare la guardia, dobbiamo coltivare, in via prioritaria e come ci invita a fare Primo Levi, la cultura della Memoria. Dobbiamo ricordare gli errori del passato, andare in fondo alle cose, metterne in luce ogni aspetto, scoprirne le motivazioni, parlare ai giovani, descrivere quegli eventi nella loro tremenda realtà, fino in fondo, per quanto orribile la realtà possa essere, senza paura e con gli occhi asciutti. Dobbiamo toccare il fondo dell’abisso. E’ un nostro dovere: abbiamo la responsabilità di tramandare il ricordo dell’Olocausto a chi verrà dopo di noi, come si trasmette un vaccino, come si tramanda la cura di una malattia mortale. Abbiamo questa responsabilità che riguarda ognuno di noi, personalmenteFelice Fortunato Ziliani, comandante partigiano piacentino da poco deceduto così  terminava il Suo intervento al Convegno tenutosi nel 2005 all’Università Cattolica di Piacenza a ricordo dei 6 sacerdoti della Diocesi Martiri della Resistenza. I Sacerdoti che stiamo onorando ci ricordano che ciascun uomo ha le sue responsabilità e ciascuno ha un compito  cui attendere.Ci ricordano ancora che ciascuno di noi ha un dovere rispetto alla società e ciascuno ne deve rispondere perchè nessun’altro farà mai quello che solo noi possiamo fare.Ci ricordano che non ci sarà mai vera pace fino a quando l’uomo non avrà trovato la pace in se stesso.Ci ricordano, col sacrificio del loro sangue, che non c’è cosa più grande di quella di saper dare la propria vita per gli altri. Responsabilità: una parola impegnativa, che oggi vogliamo cogliere l’occasione di ricordare anche alla presenza di questi giovani, lo ha ricordato anche non più tardi di una settimana fa Barak Obama assumendo la carica di Presidente degli Stati Uniti.  Ognuno di noi ha la responsabilità di affrontare le conseguenze delle sue azioni. Le responsabilità che hanno portato all’Olocausto, alla grande tragedia della deportazione e dello sterminio degli ebrei , in Italia ed in Europa, sono state individuate ed hanno un nome e un volto. Ed i mostri, gli eredi delle ideologie che hanno generato quelle tragedie non possono aver diritto all’oblio. Devono affrontare le loro responsabilità. Ogni revisione, ogni tentativo di riabilitare, di giustificare, di dare una parvenza di umanità ad atti che con l’umano non hanno nulla a che fare sono da respingere con sdegno. Atti da ricordare, comunque, e per questo la Giornata della Memoria è stata istituita. Per far sì che in ogni angolo del nostro Paese, in ogni angolo di questo pianeta, si moltiplichino le iniziative per ricordare. Piacenza non si è tirata indietro, ha saputo rispondere all’appello.. Nella nostra comunità, molto si è fatto e ancor di più si sta facendo per ricordare l’Olocausto. E’ questo l’obiettivo, tra l’altro, del viaggio che da anni compiono ad Auschwitz tanti giovani piacentini, su iniziativa dell’Istituto storico per la resistenza, della Provincia e del Comune di Piacenza, di altri Enti locali, di istituzioni, cittadini. Un viaggio al quale quest’anno ha voluto partecipare anche il nostro Presidente, Gianluigi Boiardi, a testimoniare quanto Lui personalmente e la Provincia che oggi rappresenta sentano la responsabilità di indirizzare l’impegno locale a mantenere la Memoria di quella tragedia e voglia in certo modo assumerne la guida.  Resto comunque convinto che, proprio per fare in modo che quella tragedia non si ripeta, non sia fuori luogo assumerci l’impegno, in questa Giornata, a far sì che non si perda la memoria anche di quegli italiani, di quei tanti piacentini che per primi ebbero il coraggio di alzare la testa e di dire no al nazifascismo, al regime  responsabile di quegli orrori.Mi riferisco ai tanti giovani che militarono nella file delle formazioni partigiane e che sacrificarono la loro vita per impedire che la cultura della violenza, l’orrore prevalessero, e che si batterono, con coraggio e con abnegazione insondabili, per far trionfare i valori della Libertà. Per tutti voglio oggi ricordare  Francesco Daveri, avvocato, piacentino capo del Comitato di Liberazione Nazionale di Piacenza e figura importante del CLN nazionale,  n. 126.054 del più terribile dei campi secondari di Mauthausen nell’Alta Austria, quello di Gusen II, riservato ai prigionieri "gravemente compromessi e incorreggibili", un luogo per lo scavo di enormi gallerie destinate a rifugi antiaerei e collegato alle industrie belliche. Lì ogni pietra era macchiata di sangue italiano e, secondo i sopravvissuti, non si resisteva più di una settimana; Daveri resistette un mese: aveva perduto la vista, non aveva più forze: morì il 13 aprile 1945, dodici giorni prima della liberazione distrutto dalla fame, dalle percosse, dalla malattia: i sopravvissuti del gruppo degli 800 in cui era incluso Daveri furono 16, due su cento. Come aveva sempre fatto, aiutava i più deboli finché poteva, ritrovava nella preghiera con alcuni compagni la fioca speranza cristiana, impossibile nell’annientamento totale della persona e della personalità prodotto nel lager; piangeva ripetendo che non avrebbe più rivisto i suoi figli. Sul sacrificio dei giovani come Daveri abbiamo costruito la nostra democrazia, ai valori in cui essi credettero si ispirano i principi della nostra Carta costituzionale, che alcuni oggi vorrebbero cambiare ma che va difesa fino in fondo, in quelli che sono i suoi principi ispiratori. Anche a quei giovani , "nei cui cuori, come mirabilmente scrisse Benedetto Croce, sopravvivevano le forze ideali con le quali dovevano affrontare il futuro", dobbiamo oggi rendere onore, con profonda e sempre viva riconoscenza. A loro, ai martiri dell’Olocausto, ai giusti che in tutte le epoche della storia hanno lottato per la libertà, vada in questa giornata il nostro commosso saluto. Il messaggio inviato dal presidente della Provincia Gianluigi Boiardi:  "Per la prima volta, il 27 gennaio, giorno della memoria, non sono con voi. Sono a Cracovia dove ieri insieme ai nostri studenti e ai Comuni di Piacenza e Fiorenzuola, ho visto con i miei occhi un pezzo di una storia che non potrà mai essere cancellata o riscritta. Ho visto ad Auschwitz e Birkenau le camere a gas, i barattoli di cianuro, il muro della fucilazione, i blocks delle punizioni. Ho immaginato, camminando insieme ai nostri giovani studenti in quegli angusti corridoi e nei sterminati campi di Birkenau circondati dal filo spinato, i prigionieri seminudi, affamati, spaventati, annientati nella loro dignità, annullati come uomini, donne e bambini, percorrere la nostra stessa strada. Ai ragazzi, evidentemente commossi, che hanno portato una corona della comunità piacentina in occasione della cerimonia del pomeriggio, ho voluto solo ricordare che il primo dovere che abbiamo, come istituzioni e scuola, è testimoniare questa storia e approfondirla. Ieri abbiamo fatto insieme un piccolo passo in più perché sono convinto che i nostri giovani, dopo questa esperienza, saranno ancora di più cittadini portatori di pace e difensori di quei valori che sono alla base del nostro vivere civile. E’ una distanza solo geografica quella che oggi ci separa da voi. Da Cracovia, da tutti noi, amministratori, insegnanti, studenti e cittadini un abbraccio ai reduci, ai familiari ed ai parenti tutti delle migliaia di piacentini deportati ed internati nei lager nazisti e destinati al lavoro coatto per l’economia di guerra tedesca. Grazie di cuore." Il messagio del presidente della Provincia Gianluigi Boiardi. "Per la prima volta, il 27 gennaio, giorno della memoria, non sono con voi. Sono a Cracovia dove ieri insieme ai nostri studenti e ai Comuni di Piacenza e Fiorenzuola, ho visto con i miei occhi un pezzo di una storia che non potrà mai essere cancellata o riscritta. Ho visto ad Auschwitz e Birkenau le camere a gas, i barattoli di cianuro, il muro della fucilazione, i blocks delle punizioni. Ho immaginato, camminando insieme ai nostri giovani studenti in quegli angusti corridoi e nei sterminati campi di Birkenau circondati dal filo spinato, i prigionieri seminudi, affamati, spaventati, annientati nella loro dignità, annullati come uomini, donne e bambini, percorrere la nostra stessa strada. Ai ragazzi, evidentemente commossi, che hanno portato una corona della comunità piacentina in occasione della cerimonia del pomeriggio, ho voluto solo ricordare che il primo dovere che abbiamo, come istituzioni e scuola, è testimoniare questa storia e approfondirla. Ieri abbiamo fatto insieme un piccolo passo in più perché sono convinto che i nostri giovani, dopo questa esperienza, saranno ancora di più cittadini portatori di pace e difensori di quei valori che sono alla base del nostro vivere civile. E’ una distanza solo geografica quella che oggi ci separa da voi. Da Cracovia, da tutti noi, amministratori, insegnanti, studenti e cittadini un abbraccio ai reduci, ai familiari ed ai parenti tutti delle migliaia di piacentini deportati ed internati nei lager nazisti e destinati al lavoro coatto per l’economia di guerra tedesca. Grazie di cuore." Sulla Giornata della Memoria è intervenuto anche l’onorevole della Lega Nord Massimo Polledri: "Il 27 gennaio è stata la giornata della Memoria. Un giorno per non dimenticare. Ma anche per  riflettere e per fare in modo che le nostre azioni, quelle di oggi, siano determinate e ferme contro ogni forma di vecchia e nuova Shoah (lo sterminio del popolo ebraico). Questa ricorrenza è stata istituita nel 2000, con legge nazionale, per aderire alla proposta internazionale di dichiarare il 27 gennaio come giornata in commemorazione delle vittime del nazionalsocialismo (nazismo) e del fascismo, dell’Olocausto e in onore di coloro che a rischio della propria vita hanno protetto i perseguitati. Il ricordo della Shoah è celebrato anche da molte altre nazioni, tra cui la Germania e la Gran Bretagna, così come dall’ONU, in seguito alla risoluzione 60/7 del 1° novembre 2005. Il 27 gennaio del 1943 si aprirono i cancelli del campo di sterminio di Auschwitz il complesso di campi nella Polonia occupata dai tedeschi, costituito da un campo di concentramento (Auschwitz 1), un campo di lavoro (Buna-Monowitz o Auschwitz 3) ed il più grande campo di sterminio nazista (Auschwitz 2 o Auschwitz-Birkenau) dove  furono uccise tra 1,1 e 1,3 milioni di persone, delle quali il 90% erano ebrei. Oggi, passato il momento di raccoglimento dobbiamo compiere una ulteriore riflessione. Sottovalutare le nuove minacce alla democrazia, alla libertà, ai valori della vita è un grave errore. Chi sminuisce il pericolo del Terrorismo compie un atto grave e un profondo errore storico. È necessario mantenere alta l’attenzione, compiere le giuste scelte anche se dolorose ma necessarie e avere sempre ben conoscente che il terrorismo islamico integralista è reale e sempre pronto a diffondere morte e dolore, con l’unico scopo di  compiere la "guerra santa" con la strategia del terrore. L’Occidente rischia di pagare caro il grave errore, commesso fin dagli anni Settanta, di appoggiare senza alcuna riflessione critica le rivendicazioni e le organizzazioni musulmane, dapprima in Palestina e Libano, poi in Iran e in Afghanistan, poi  Bosnia e nel Kossovo. Un atteggiamento di lassismo, di buonismo e di ottusa cecità e costante negazione degli eventi rischia di avere conseguenze irreversibili. Negare il terrorismo islamico, negare le loro azioni vecchie e nuove contro l’occidente, contro lo Stato di Israele è un comportamento da irresponsabili (ricordo che lo Statuto di Hamas del 1988 esorta alla distruzione di Israele). La storia ci richiama alla mente come questi atteggiamenti, che ritroviamo oggi in una parte della politica italiana di centrosinistra, siano stati già decisivi nell’ascesa di Hitler nel 1938 con il sacrificio della Cecoslovacchia. La Conferenza di Monaco del 1938, infatti, ci ricorda come il lassismo e l’atteggiamento delle democrazie di fronte al nazismo fu un errore. Sono atteggiamenti gravi l’odierno atteggiamento, latente,  di arrendevolezza, i comportamenti ambigui e la mancanza di precise prese di posizione contro il terrorismo islamico. Oggi, abbiamo la storia che ci ricorda quali sono gli errori da evitare. Dobbiamo vigilare affinché  l’offensiva islamica (poiché è questo che si tratta) non prenda il sopravvento. Abbiamo gli strumenti dell’intelligenza storica, del confronto, dei fatti (tristi) di terrorismo. Non possiamo e non dobbiamo sbagliare le nostre azioni di domani."

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