Casi di peste suina in Europa, Confagricoltura: “I vettori sono i cinghiali”

“I nuovi casi di peste suina che si stanno manifestando in diversi Stati membri europei sono un serio problema che per ora non coinvolge l’Italia e le sue produzioni di prosciutti, salumi e insaccati di eccellenza. Bisogna però porre in essere tutte le misure di controllo e prevenzione necessarie”. Lo sottolinea Confagricoltura che ricorda come la peste suina sia trasmessa anche dai cinghiali, così come evidenziato dal parere scientifico del rapporto dell’EFSA (l’Autorità europea per la sicurezza alimentare) del 12 giugno scorso. “L’attuale sovrabbondanza degli ungulati e di numerose altre specie di animali selvatici, di cui si è perso il controllo per numero e diffusione, sta causando seri danni all’ambiente, all’agricoltura ed alla sicurezza delle persone e delle strade – pone in evidenza la piacentina Giovanna Parmigiani, componente di Giunta Confagricoltura con delega alle problematiche ambientali -. Ormai è chiaro che può causare pure rischi alimentari e, anche in tal senso, va controllata e gestita. L’attenzione quindi va altresì indirizzata verso la legislazione alimentare. Come Confagricoltura chiediamo l’immediata attivazione, nel nostro Paese, delle misure preventive più efficaci, prevista dall’ EFSA, per contenere il rischio di propagazione dell’epidemia, ovvero piani coordinati di prelievo selettivo”. Lo studio dell’Autorità europea riporta come tale tecnica, dove sia stata applicata, abbia ridotto il numero dei cinghiali dell’80% e, conseguentemente, abbia pure limitato il pericolo di diffusione dell’epidemia.

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Per garantire una più efficace e capillare prevenzione, attraverso il modello EFSA, è necessario disporre di molte persone ad essa dedicata. “Per questo – ricorda Parmigiani – Confagricoltura chiede da tempo che siano autorizzati gli stessi agricoltori come coadiutori nei piani di abbattimento. Gli agricoltori sono distribuiti su tutto il territorio e possono contribuire attivamente ed efficacemente al controllo della popolazione delle specie selvatiche”. “Il problema della fauna selvatica fuori controllo è molto sentito anche sul nostro territorio – sottolinea Filippo Gasparini, presidente di Confagricoltura Piacenza – al punto che da anni ne denunciamo la gravità. Siamo lontani dalla soluzione, ma è stata avviata una collaborazione, più stretta rispetto al passato, con le squadre degli Atc che ha dato risultati importati e l’obiettivo principale sembra essere tornato il controllo delle specie selvatiche con il contenimento dei danni alle attività produttive. Ora che il problema è conclamato e genera sia rischi per la salute animale in zootecnia che per la sicurezza stradale della cittadinanza, su più fronti si chiede che gli agricoltori possano farsi parte attiva nelle azioni di contenimento, certamente supportati da coadiutori esperti che possano agire nel rispetto della sicurezza. Chiediamo da anni che il conduttore possa in prima persona controllare la selvaggina che porta danno in azienda imperversando fuori controllo. Abbiamo più volte sottolineato come in pianura siano ormai numerose le specie non autoctone che hanno colonizzato non solo le zone rurali, ma persino quelle periurbane”. Il cinghiale in stazione e il lupo alle Novate sono storie di cronaca recente. “Vogliamo poi parlare – prosegue Gasparini – dei danni alle viti causate dai caprioli? Con rammarico constatiamo che i danni sono ormai ovunque, ma con soddisfazione rileviamo che, dopo anni in cui le nostre istanze sono state disattese, sono forse maturi i tempi per una politica nazionale che annoveri metodi efficaci, anche perché la situazione non ci lascia più scampo. Urge limitare i danni da subito – sottolinea Gasparini – annoverando anche la possibilità di controllo da parte dei produttori, come peraltro avviene in altre regioni d’Europa. Lo si potrà ottenere o cambiando giuridicamente la posizione del produttore per cui la selvaggina sui suoi campi è di sua proprietà (come in altri Paesi europei) o riconoscendo agli agricoltori la possibilità di effettuare azioni di contenimento della fauna selvatica sui loro terreni insieme ai coadiutori. La domanda è perché bisogna arrivare all’esasperazione prima di essere ascoltati? In questo Paese – conclude Gasparini – sordo alle esigenze delle imprese e della collettività, avevamo già delineato come Confagricoltura questa soluzione, ponendola all’attenzione delle Istituzioni a tutti i livelli e anche sui tavoli europei, precorrendo i tempi come spesso accade”.