Comunità islamica: “L’11 settembre 2018, la nostra luna piena e l’eclisse”

L’11 settembre del 2018 è riuscito ad inglobare il ricordo di due eventi storici. Il primo ha illuminato la strada di una comunità con dei valori, l’altro ha voluto oscurare questa stessa comunità. Oggi è sicuramente un giorno particolare in cui si incontrano la luna piena e l’eclisse.

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Corre il nostro pensiero a Ground Zero, vittima di un attentato suicida che ha tolto la vita a tante persone innocenti. Gli attentatori si professavano musulmani, cioè seguaci del profeta Muhammad (pbsl), che però li smentisce e se ne dissocia così come hanno fatto i quasi due miliardi di musulmani nel mondo. Si dissocia e ce lo dice chiaramente con l’anniversario che – Dio ha voluto – coincidesse con l’Egira, il ricordo dell’emigrazione dello stesso profeta Muhammad (pbsl) da Mecca a Medina, su ordine divino, mentre la sua tribù complottava il suo assassinio.

Subito dopo la sua difficile avventura nel deserto per depistare i coreisciti che lo inseguivano, arrivato a Medina cominciò il suo insegnamento d’amore e fratellanza. Le sue prime parole tra la gente che lo attendeva con un canto entrato nella storia, tala’a al badr ‘alaina (E’ arrivata la nostra luna piena), scendendo dal suo cammello, sono state: “Oh gente, diffondete la pace, fate mangiare gli affamati, pregate mentre la gente dorme e entrerete nel paradiso“. Fece seguire quindi alle parole i gesti, dicendo ai Medinesi autoctoni (chiamati Ansar, ovvero i sostenitori) di scegliere una famiglia degli emigrati da Mecca (detti Muhajirin, ovvero emigrati) e ospitarla a casa propria finché questa non potessero essere autonoma e indipendente. Un’altra riflessione, che, oggi più che mai, ci serve come faro nell’affrontare chi emigra verso di noi.

Poi disse a tutti nuovamente, riassumendo il concetto della emigrazione sempre con poche parole come solo lui sapeva fare, che la vera emigrazione è quella verso il Signore, dai peccati alle sane virtù. L’emigrazione dello spirito che si deve innalzare, che non deve accettare le ingiustizie e motivo per il quale a volte siamo chiamati a lasciare ogni cosa che a noi è più cara.

Una riflessione doverosa quella di quest’anno, che non può passare senza che ci soffermiamo a rifletterci, come musulmani e come umanità. Ciò che ha lasciato in eredità il profeta Muhammad (pbsl), “non è altro che la continuazione di ciò che avevano portato i profeti prima” di lui e di suo fratello (così lo definì lui stesso) Gesù – pace e benedizioni di Dio su tutti loro.

Inizia così oggi l’anno nuovo del calendario islamico (il 1440), con il ricordo dell’Egira (emigrazione) dai peccati veniali alle virtù, con il ricordo di attentati e massacri, con il ricordo di vite che muoiono scappando in mare. Il suo invito però deve essere ben presente mentre ci insegna a guardare il primo spicchio di luna (che segna il primo giorno del mese lunare) dicendo: “Dio fa sì che questa luna ci illumini in sicurezza e fede, in pace e abbandono“; un’invocazione che farebbe chiunque oggi – musulmano e non – in tempi di insicurezza e guerra.

Sì, si è dissociato da tutti i prevaricatori e gli assassini perché non è il suo insegnamento e i miliardi di musulmani del mondo lo sanno bene. Ma il resto dell’umanità sarà mai pronto ad ascoltarli? 

Per quanto l’eclisse voglia oscurare la nostra luna piena, questa rimarrà sempre splendente ad illuminare la strada di una comunità che emigra ogni giorno vero il suo Signore.