Riceviamo e pubblichiamo la nota del consiglio direttivo di Italia Nostra.
Leggiamo sul quotidiano Libertà del 28 aprile la notizia “Il piano territoriale del Parco del Trebbia è già stato avviato”. Quali cofirmatari della recente lettera di sollecito finalizzata alla redazione di detto Piano inviata all’Assessore regionale Gazzolo, non possiamo non rallegrarci per la notizia. Vogliamo fin da ora dichiarare la nostra disponibilità a fornire, come richiede l’Ente Parco, la nostra collaborazione alla stesura, soprattutto a partire dalla definizione della “cornice strategica e i macroobiettivi a medio-lungo termine che il Piano dovrà delineare e che costituiranno il documento preliminare al Piano”.
Proprio a quest’ultimo proposito, ci preme tuttavia anticipare un nostro convincimento: accanto alla tutela, alla custodia e alla valorizzazione della flora e delle fauna del territorio del Parco (e delle aree viciniore), priorità assoluta dovrebbe essere assegnata, da un lato, alla conservazione dell’integrità naturalistico-ambientale dell’alveo attivo del fiume (e delle relative aree golenali) e, dall’altro, alla tutela delle caratteristiche quali/quantitative delle acque superficiali e sotterranee, pur nel rispetto delle esigenze dettate dalla difesa dal pericolo idraulico e dell’incolumità umana (in quest’ottica, particolare rilevanza assume comunque una preliminare definizione e perimetrazione del “Parco giochi” da assegnare al fiume, nel rispetto delle sue esigenze di normale e naturale divagazione).
A fronte di queste osservazioni, già oggi ci si domanda sulla base di quali giustificazioni il Parco non si è opposto (e non si oppone) al previsto potenziamento della captazione di subalveo di Mirafiori, prospettata nell’ambito della pomposa “Riorganizzazione funzionale delle derivazioni irrigue nell’areale Val Trebbia Piacenza” proposta dal Consorzio di Bonifica.
Sugli indesiderati effetti di un siffatto intervento già ci eravamo pronunziati in altre circostanze (vedi anche articolo di Libertà dell’ormai lontano 02 gennaio 2012), rivolgendoci direttamente anche alle amministrazioni coinvolte dall’iniziativa, ricordando che essa avrebbe comportato una deleteria lacerazione del “Cordone ombelicale”, che collega, proprio nella zona del previsto potenziamento della captazione, le acque del subalveo del Trebbia con le falde idriche sotterranee cui attingono i pozzi pubblici dei comuni rivieraschi (e dei territori adiacenti), nonché gran parte dei pozzi della stessa città di Piacenza, pozzi che già denunciano elevati gradi di inquinamento.
Una ulteriore sacrosanta richiesta di presa di posizione la si richiede, oggi, per opporsi all’avanzato progetto di realizzazione dello scempio previsto (con un “ammirevole” costo di oltre 2,5 milioni di euro!), poco a valle del centro di Rivergaro (circa in corrispondenza dello spettacolare “Gomito di deviazione” del fiume risalente a dopo la “Battaglia del Trebbia” del 218 a.C..): qui è stato ipotizzata un’opera di sbarramento dell’intero alveo, in cemento armato (con altezza di quasi 3 metri e lunghezza di oltre 120 m !), all’unico scopo di poter stabilmente derivare 600 litri di acqua al secondo, da addurre (tramite condotta, sempre in cemento armato) alla locale presa del Rio Villano (la relativamente ridotta entità dei quantitativi d’acqua da derivare, sulla base di una effettiva preesistente concessione, tuttora in essere, consente senz’altro di ipotizzare soluzioni alternative, assai meno impattanti e decisamente assai meno costose, come in parte prospettato nelle stesse documentazioni progettuali presentate dal Consorzio proponente).
A proposito di questo sbarramento in cemento armato, non va dimenticato che la sua realizzazione, oltre all’inaccettabile impatto visivo, comporterebbe anche una altrettanto inaccettabile alterazione dell’attuale profilo di fondo dell’alveo del fiume: la traversa, oltretutto alquanto impegnativa dal punto di vista tecnico ed economico anche sotto l’aspetto manutentivo, indurrebbe (com’è usuale regola in queste circostanze) fenomeni di deposizione e di erosione rispettivamente a monte e valle della stessa, con profonda alterazione dell’assetto idro-geomorfologico delle aree di pertinenza, dalle conseguenze tutte da valutare.
In ogni caso, negative ripercussioni verrebbero addotte alla stessa “riqualificazione del lungotrebbia a Rivergaro”, inserita dall’Ente Parco tra le opere benemerite da lui realizzate.
Non da ultimo, Italia Nostra ritiene doverosa un’attenta rivalutazione dei programmi e delle previsioni contenuti nel Piano Infraregionale delle Attività Estrattive (PIAE) in via di riadozione, con particolare riferimento alle zone del Parco di stretta pertinenza golenale, anche in funzione dell’impatto dettato dal fitto sistema della viabilità di servizio delle cave, qui tuttora attivo.
Non è certamente un recupero di cava ad uso di bitumificio quello preferenziale in un territorio di pregio fluviale, facente capo ad un Parco dotato di una indubbiamente concreta elevata potenzialità turistico-ambientale !