Riscoprire il lato umano della medicina e il rapporto col paziente, Omeofest a Piacenza fino al 12 maggio

Torna dal 2 al 12 maggio Omeofest, festival dell’omeopatia e delle scienze umane. Tema di quest’anno “Scienza e Carità”.

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Inaugurazione il 2 maggio alle 21 alla Fondazione di Piacenza e Vigevano con la proiezione del film “Un medico un uomo”.

“Dell’omeopatia si parla sempre di più, molto spesso male purtroppo, ma ci sono anche voci favorevoli – spiega il dottor Maurizio Botti – l’importante è che circoli l’informazione, poi sono le persone che si devono informare a livello personale. Di base, infatti, viene dato spazio sui giornali o in televisione agli esperti di medicina tradizionale, però non ci disturba più di tanto. Basti pensare che quest’anno dedicheremo il festival al rapporto tra medico e paziente prendendo in considerazione nuove correnti come la medical humanities e la medicina narrativa che non sono estranee alla medicina tradizionale: si tratta infatti di nuovi punti di vista che prendono in considerazione la totalità del paziente a 360 gradi, anche la sfera psicologica, non solo la patologia o il sintomo”.

“Eccessivo tecnicismo ed eccessivo scientismo sono oggi gli aspetti più critici della medicina attuale, perché vengono meno il rapporto umano e l’empatia. Un tema attuale, per questo motivo abbiamo scelto questo tema”.

“L’omeopatia, nel nostro Paese, non è ancora uscita dalle secche di un attacco mediatico serrato e ciclico che tende a screditarla sulla base di una presunta mancanza di scientificità. Sarebbe un dibattito ormai superato, se solo si tenesse conto che quasi tutti i Paesi europei e tantissimi nel mondo hanno inserito la medicina omeopatica nei propri servizi sanitari pubblici, ed in alcuni casi, quali ad esempio Francia e Svizzera, i farmaci omeopatici sono addirittura dispensati dal servizio pubblico e rimborsati dalle assicurazioni private. Eppure in Italia, nonostante il pronunciamento dell’Ordine Nazionale dei Medici che ha ammesso l’uso dei farmaci omeopatici da parte dei propri iscritti, molte voci si levano ancora a discredito di questo metodo terapeutico, accusando case farmaceutiche e medici omeopatici di produrre e prescrivere acqua fresca, e di ingannare quindi i pazienti. Ma allora, i risultati ottenuti e dimostrati? Le guarigioni, i tanti miglioramenti testimoniati? Al massimo vengono rubricati come “effetto placebo”, ed attribuiti al fatto che gli omeopati dedicano molto tempo ai loro pazienti, fanno tante domande, entrano nelle loro storie, li accolgono e li considerano nella totalità della loro vita e delle loro relazioni, e non si limitano ai loro specifici sintomi di malattia. Proprio per questa considerazione (che l’effetto placebo sia in relazione con il diverso rapporto medico-paziente che si può sperimentare in una terapia omeopatica) mi ha fatto riflettere e mi ha riportato alla mente un dipinto di Picasso dal titolo “Scienza e Carità”. Questo dipinto, che risale al 1897 quando l’artista aveva 16 anni, rappresenta un ammalato o più probabilmente un’ammalata sdraiata nel proprio letto. Assistita da un dottore che le tasta il polso alla sua destra , alla sua sinistra una suora regge un bambino (probabilmente il figlio dell’ammalata) che le porge una tazza contenente una bevanda, che possiamo immaginare sia un infuso o una tisana”.

“Se osserviamo con attenzione vediamo che il medico seduto su una sedia, si trova in una zona d’ombra che lo avvolge almeno parzialmente. La suora ed il bambino invece, si trovano in piena luce dall’altra parte del letto. Inoltre sono interessanti le mani della paziente; la mano destra, sostenuta dal medico che tasta il polso è verde, rinsecchita, quasi cadaverica. La mano sinistra invece, che sta per ricevere la tazza offerta dalla suora, è rosea e di aspetto normale. Infine lo sguardo della paziente è rivolto a sinistra verso la suora ed il bambino, mentre il medico appare distaccato, chiuso in se stesso e nel proprio sforzo di misurazione esatta di un parametro oggettivo. Il rapporto umano quindi, ci dice Picasso, si stabilisce tra l’ammalata e la suora, che rappresenta la Carità e non col medico, che rappresenta la Scienza. È anche del tutto evidente da quale parte la paziente si aspetta che possa giungerle un aiuto per superare la propria condizione di malattia. L’impressione che si ricava da questo dipinto è forte, e non ci sono dubbi su quale sia il giudizio del pittore che (probabilmente in modo inconscio, data la giovanissima età) si schiera apertamente dalla parte della Carità. Un artista quindi, e non uno scienziato o un filosofo, ci offre lo spunto per un dibattito quanto mai attuale ed importante ai giorni nostri, in cui la medicina tende a porsi sempre più come una scienza esatta, in una visione meccanicistica e basata su un approccio razionale alla malattia. Certamente hanno contribuito a questa trasformazione rispetto al passato i grandi progressi che la tecnica medica ed in particolare la chirurgia hanno dimostrato di aver raggiunto nel salvare vite umane. E tuttavia in questo ben riuscito processo illuminista qualcosa ha cominciato a sfuggire e farsi presenza incerta e persino mal tollerata: la persona umana. Oggi questo scollamento tra tecnica ed umanità comincia a mostrare i propri effetti negativi sulla salute individuale e collettiva ed a creare insoddisfazione in tanti pazienti delusi da questo approccio ingegneristico ai propri problemi di salute. A partire da queste considerazioni sono nate negli ultimi decenni, in seno alla stessa medicina ufficiale, alcune correnti di pensiero, quali le Medical Humanities e la Medicina Narrativa, che tendono a recuperare le “storie” dei pazienti e i loro vissuti di malattia, oltre ai dati oggettivi della clinica, ottenendo in questo modo un miglioramento non solo del rapporto medico-paziente, ma anche dei risultati terapeutici reali ed oggettivabili. Questo è dunque l’auspicio con il quale diamo corso alla Xª edizione di Omeofest, che trae il proprio titolo proprio dal quadro di Picasso “Scienza e Carità”: l’auspicio che la medicina ritrovi le proprie radici umane accanto a quelle scientifiche e che torni a porre al centro del proprio interesse il paziente come persona nella sua totalità e nella sua storia. Infine auspico che, pur in questi periodi difficili nei quali l’opera del medico tende ad essere influenzata da considerazioni politiche ed economiche legate alla gestione della sanità pubblica, ci si ricordi sempre di quanto affermato da Samuel Hahnemann, fondatore dell’omeopatia : “ La più elevata, e al tempo stesso l’unica vocazione del medico, consiste nel restituire la salute alle persone ammalate, cioè nel guarire”.

 

IL PROGRAMMA