Grana, Confagricoltura: “Con le nuove politiche produttori sempre più penalizzati”

In un mercato lattiero caseario in cui, a fronte di un incremento di latte disponibile, si è registrato un ulteriore calo della remunerazione, poco o nulla si è fatto per cercare nuovi sbocchi commerciali. Non è stato possibile aumentare proporzionalmente la produzione di Grana Padano, vincolata ai piani produttivi, e quote crescenti di mercato sono quindi state occupate da prodotti smarchiati. “Se l’Italian Sounding vale, nel suo complesso, 60 miliardi di fatturato all’anno – sottolinea Marco Casagrande, direttore di Confagricoltura Piacenza – torniamo a ripetere che non sono le armi spuntate del contingentamento della produzione e del protezionismo che ci consentiranno di conquistare fette di mercato ora occupate dai competitor esteri. Ora – prosegue Casagrande – a fronte del problema, rileviamo un’ulteriore presa di posizione, da parte del Consorzio del Grana Padano, incomprensibile dal punto di vista commerciale”. Confagricoltura Piacenza è infatti stata informata di una modifica statutaria che vincolerà i Consiglieri del Consorzio del Grana Padano impedendo loro la produzione diretta e indiretta di formaggi similari, e tollerando, sempre da parte dei Componenti del Consiglio Direttivo, la commercializzazione di similari nella percentuale massima del 20% sul fatturato di Grana Padano e la commercializzazione solo del 5% (sul fatturato/base annua di Grana Padano) di similari di produzione italiana.

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“Si tratta di un’azione a nostro giudizio gravissima – sottolinea il direttore di Confagricoltura Piacenza – che, di fatto, renderà ancor più difficile la collocazione sul mercato di latte italiano trasformato perché in Consiglio siedono i più grandi player commerciali del settore”. In particolare, sottolinea Confagricoltura Piacenza, così, si limita fortemente la produzione di formaggi non marchiati ottenuti con latte nazionale, che costituivano uno sbocco per i quantitativi che la filiera del Grana Padano non era in grado di valorizzare. Si tratta di prodotti comunque rispondenti ad elevati standard qualitativi e igienico-sanitari in quanto sottoposti agli stringenti controlli previsti dalla normativa italiana, analisi condotte dagli stessi enti che controllano anche le produzioni Dop. I similari di origine italiana stanno avendo un buon riscontro di mercato arginando, di fatto, il dominio di quelli stranieri che spuntano sì prezzi ulteriormente inferiori, ma sono realizzati spesso nel contesto di un quadro normativo meno stringente (con minori costi produttivi) e quindi anche con standard qualitativi incerti. “Ci sembra paradossale questo atteggiamento autolesionista – conclude Casagrande – per il quale sono state previste percentuali di commercializzazione inaccettabilmente incentivanti per il prodotto importato, penalizzando quello nazionale, con ripercussioni, ancora una volta, sugli allevatori italiani riducendo le già scarse opportunità di incrementare le loro produzioni”.

Confagricoltura Piacenza rimarca che nessun piano di sviluppo imprenditoriale passa attraverso la chiusura e l’autolimitazione. Quale sarà il futuro della nostra zootecnia e delle nostre produzioni lattiero-casearie nel momento in cui un asset così importante favorisce, di fatto, il latte straniero?