In riferimento alla imminente scadenza dei termini per la presentazione della consistenza associativa, Confapindustria Piacenza intende portare all’attenzione di tutti i soggetti coinvolti alcune valutazioni. In riferimento al percorso di accorpamento delle Camere di Commercio di Piacenza, Parma e Reggio Emilia, si ravvisa possano esserci spunti di riflessione per tutti isoggetti portatori di interessi del sistema economico locale. Ripercorrendo i passaggi formali in proposito, dal Decreto Legislativo n. 219 del 2016 che stabilisce i criteri che devono essere adottati ai fini della ridefinizione delle circoscrizioni territoriali, al Decreto Ministeriale 8 agosto 2017 che ridetermina le stesse, istituisce nuove Camere di Commercio e individua i principi di razionalizzazione delle sedi e del personale, si evidenzia come riportato nelle “disposizioni generali” che diverse regioni, quali Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Marche, Piemonte e Lombardia, hanno avanzato specifiche richieste in relazione alle peculiarità territoriali, in particolare in riferimento ai criteri di cui al comma 1 dell’articolo 3 del Decreto Legislativo n. 219 del 2016. Nel dettaglio, alla lettera d) del succitato comma è, infatti, indicata la possibilità di istituire una camera di commercio tenendo conto delle specificità geo-economiche dei territori e delle circoscrizioni territoriali di confine nei soli casi di comprovata rispondenza a criteri di efficienza e di equilibrio economico.
Ad oggi, peraltro, risulta mancante il Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico che, previa intesa con la Conferenza Stato-Regioni, individui i criteri con cui garantire la rappresentanza equilibrata nel Consiglio delle rispettive basi associative. In assenza del Decreto, la norma non appare applicabile, se non attraverso accordi tra le Associazioni dei tre territori. Ci domandiamo, seppur nelle note difficoltà ad un accorpamento interregionale, perché non ci si sia orientati verso una scelta con province limitrofe lombarde che avrebbe consentito a Piacenza di essere baricentrica e con peso specifico ben più elevato di
quello che attualmente si prospetta. Ci domandiamo se l’accorpamento che determinerà la nascita di quella che si configura come la Camera di Commercio più grande dell’Emilia-Romagna, e tra le prime in Italia, possa essere a favore del nostro territorio che presenta caratteristiche differenti rispetto alle province di Parma e Reggio Emilia. Si metteranno a fattor comune Enti di territori con situazioni economico-finanziarie diversificate, una in particolare con indebitamento elevato, non avendo alcuna garanzia di una corretta ripartizione delle risorse, in un prossimo futuro, sulla nostra provincia se non con intendimenti non vincolanti. Non vorremmo che la fusione della Camera di Commercio di Piacenza, fosse l’ennesima perdita di sovranità territoriale della nostra provincia e soprattutto un modo di mettere a fattor comune i soldi delle aziende piacentine (con contributi che tra l’altro negli ultimi mesi sono aumentati) con enti che si sono dimostrati in questi anni meno virtuosi.
Informiamo pertanto che Confapindustria Piacenza non intende presentare i dati entro il 10 aprile, anche per rimarcare la propria contrarietà alla fusione in corso per le motivazioni sopra evidenziate.