Inceneritore di Borgoforte, ricorso di Legambiente contro Iren e Regione

Legambiente ha dato incarico all’avvocato Umberto Fantigrossi, legale di fiducia dell’associazione, di predisporre un ricorso straordinario al presidente della Repubblica contro la Regione ed Iren Ambiente perchè ha ritenuto che l’autorizzazione data dalla Regione ad Iren Ambiente di bruciare Rifiuti speciali da fuori Provincia e collegare l’inceneritore al teleriscaldamento, ora alimentato a metano, raddoppiandolo, non risponda da una parte al principio di precauzione richiesto dalla normativa (con l’effetto di peggiorare per molti parametri la grave situazione di inquinamento dell’aria di Piacenza) e dall’altra di falsare ed impedire per sempre il corretto percorso della nostra Provincia verso il ciclo virtuoso dei rifiuti, la strategia Rifiuti Zero.

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“Un atto concreto, diretto e necessario a tutela degli interessi collettivi dei cittadini – spiegano gli attivisti – “bruciare i rifiuti speciali provenienti da tutta Italia e con questi alimentare il teleriscaldamento ora a metano, rischia di peggiorare la qualità dell’aria a Piacenza sia per le emissioni dirette dell’inceneritore sia di produrre una quantità di inquinanti atmosferici molto superiore a quelli prodotti dal metano: diossine, composti organici volatili, polveri fini e ultrafini, metalli pesanti e quant’altro. Per questo, e soprattutto nel nostro caso, in una valle Padana che rappresenta uno dei luoghi più inquinati del pianeta, l’obiettivo di una amministrazione che tuteli la salute dei cittadini deve essere quello di ridurre il più possibile, con ferrea determinazione, la produzione e la combustione dei rifiuti, siano essi urbani che speciali”.

“L’autorizzazione rilasciata dalla Regione ad Iren Ambiente non solo apre le porte alla possibilità di bruciare rifiuti speciali (assimilabili) provenienti da tutta Italia, ma pone anche le premesse per mantenere in vita un impianto per altri 30/40 anni. La richiesta autorizzata dalla regione, usando come foglia di fico l’ampliamento del teleriscaldamento, alimentato dall’inceneritore, scelta superata dalla storia e dalla tecnologia, ha di fatto trasformato il vecchio inceneritore al servizio della comunità piacentina, nato per bruciare i soli rifiuti solidi urbani provinciali, in un nuovo impianto industriale che guadagna bruciando migliaia di tonnellate di rifiuti speciali provenienti da tutta Italia, mentre i nostri rifiuti urbani, molto probabilmente, saranno trasportati con camion a Parma. Peraltro il Piano Regionale Gestione Rifiuti prevede che al 2020 non vengano più conferiti rifiuti all’inceneritore di Piacenza, permettendo di fatto la possibilità di chiuderlo, ritenendo esaurito il suo compito con l’avvento di altri metodi per risolvere il problema rifiuti. E’ per questo che Legambiente con la propria iniziativa giudiziaria vuole opporsi all’autorizzazione data dalla Regione ad una scelta contraria alla tutela degli interessi della comunità Piacentina: quello che si vuole realizzare con l’inceneritore di Borgoforte non è il mantenimento di un impianto al servizio della comunità, ma al contrario un impianto “nuovo”, slegato dagli interessi collettivi della nostra comunità che risponde all’esigenza di massimizzare il profitto di Iren, azienda quotata in borsa il cui vero obbiettivo, peraltro lecito, è quello di fare utili, importando rifiuti da tutta Italia . Il ricorso di Legambiente vuole tutelare i Piacentini dalla miopia di una amministrazione che, sul tema dei rifiuti, ha totalmente sposato la logica economico\aziendale, senza porsi invece altri traguardi ben più importanti nella direzione della tutela della salute dei propri cittadini, del recupero di materia e di quell’economia circolare che porterebbe maggiori posti di lavoro rispetto all’inceneritore”.

“I prossimi anni richiedono che si faccia un salto decisivo verso il raggiungimento degli obbiettivi previsti dal Piano Regionale Gestione Rifiuti che stabilisce al 2020 la diminuzione della produzione del 25%, il raggiungimento almeno del 73% di raccolta differenziata nonché la chiusura dell’impianto di Borgoforte per quanto riguarda i Rifiuti Solidi Urbani, recuperando gli anni di ritardo accumulati. Piacenza non ha bisogno di bruciare rifiuti ma di chiudere ambientalmente ed economicamente il ciclo dei rifiuti agendo su tre fronti:

invertire il trend dell’aumento della quantità di rifiuti prodotti pro capite (741 kg nel 2016 di cui ben 319 indifferenziati contro i 554 di cui solo 133 indifferenziati della vicina Parma) attraverso accordi di programma alla fonte con produttori e distributori affinché sempre meno imballaggi vengano utilizzati nel confezionamento dei prodotti, ma anche accordi con i grandi produttori di rifiuti (ospedali, case di cura, mense, sagre di paese ecc.) che ancora utilizzano stoviglie mono uso usa e getta.

uscire da una insufficiente raccolta differenziata che, da anni, oscilla a Piacenza attorno ad un misero 55/57% quando altre città dell’Emilia-Romagna a noi vicine (es. Parma), hanno già raggiunto e superato l’obiettivo Regionale attestandosi attorno al 76% ed arrivare con il porta a porta e il sistema della tariffa al 80\90%.

per il residuo post riduzione, riciclo e differenziata investire risorse in impianti di trattamento diversi dall’inceneritore, come le fabbriche dei Materiali, impianti di recupero di materia dal rifiuto residuo post differenziata.

“Le malattie causate dall’inquinamento sono state responsabili di circa 9 milioni di morti premature nel 2015 – il 16% di tutte le morti a livello mondiale – I bambini sono ad alto rischio. Nonostante i suoi effetti sulla salute umana, sull’economia e sull’ambiente, l’inquinamento è stato ignorato”. Questo scrive oggi The Lancet, una delle più autorevoli riviste mediche internazionali. Questo potente monito dovrebbe allarmare tutte le persone attente che vivono a Piacenza perché qui ci troviamo in una delle zone più inquinate d’Europa. E’ superfluo ricordare la situazione emergenziale in cui versa la Pianura Padana e particolarmente Piacenza per quanto riguarda l’inquinamento atmosferico. Le stesse direttive europee, recepite anche nel Piano Regionale della qualità dell’aria, richiedono misure drastiche al fine di diminuire il più possibile l’inquinamento, pena pesanti sanzioni che ricadono sui singoli cittadini. E’ necessario quindi diminuire l’inquinamento e non peggiorare una situazione già costantemente critica, e nella consapevolezza che ogni impianto industriale che emette aerosol in atmosfera, inquina, in un ambiente saturo come il nostro di inquinanti, ogni autorizzazione a nuovi impianti dovrebbe essere concessa dalle Amministrazioni solo a questa condizione, secondo il fondamentale Principio di precauzione . Siamo come malati cronici che, se vogliono sopravvivere, non devono esporsi a rischi inutili”.

 

IL RICORSO, MOTIVAZIONI GIURIDICHE
Per quanto attiene poi gli aspetti tecnico-giuridici alla base del Ricorso Straordinario al Presidente della Repubblica intendiamo riteniamo giovi evidenziare i seguenti:
– Mancato rispetto del vincolo al miglioramento della qualità dell’aria derivato dallo stato emergenziale di grave inquinamento dell’area di insediamento;
– Difetto di istruttoria e di motivazione, dal momento che in nessuna parte dell’autorizzazione contestata si evince la consapevolezza dei decisori circa la gravità dello stato di inquinamento dell’area in cui si colloca l’impianto;
– Mancato rispetto dell’obbligo di prendere in esame la c.d. alternativa zero, che consiste nella non realizzazione del progetto. Assenza di valutazione che rende l’analisi di compatibilità ambientale incompleta;
– Evidenza di aperto contrasto con il Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti e quindi della incompatibilità dell’autorizzazione concessa con gli obiettivi di programmazione fissati ai quali ogni provvedimento, compresi quelli autorizzativi ad istanza di privati, devono conformarsi;
– Difformità del provvedimento adottato dalla Giunta all’esito del procedimento rispetto a quello che la legge prescrive per i casi di modifiche sostanziali come nel caso in oggetto;