«Siamo qui oggi a ricordare quanto avvenne la notte del 29 gennaio 1942, quando oltre duemila italiani di Crimea insediati a Kerch vennero deportati nel gulag di Karaganda (grande come il Piemonte e la Lombardia messi assieme, ndr) per ritorsione in quanto l’Italia, alleata della Germania, aveva invaso l’Unione Sovietica. Parliamo di oltre duemila persone, ne tornarono 180». Le parole di Corrado Sforza Fogliani risuonano dalla cripta della Basilica di San Colombano, di fianco al quattrocentesco sarcofago dell’abate irlandese che nel 614 fondò l’omonimo monastero, parole pronunciate per ricordare un genocidio per settant’anni dimenticato. Un omaggio che l’Associazione dei Liberali Piacentini Luigi Einaudi ha organizzato unendolo ad una visita guidata alla città d’arte della Valtrebbia. La comitiva, con ampia rappresentanza di iscritti e simpatizzanti dell’Associazione, è stata ricevuta dal sindaco Roberto Pasquali e dal parroco don Paolo Cignatta, che ha fatto da Cicerone coadiuvato dalla professoressa Mariuccia Ghiano.
«Ringrazio don Paolo, il sindaco, la comunità bobbiese che hanno reso possibile questo momento di ricordo – ha proseguito Sforza – e ringrazio voi che siete intervenuti. Non a caso questa commemorazione avviene il giorno successivo alla conclusione del Festival della cultura della libertà e non a caso si fa sul cammino di San Colombano che amava dire: “Se togli la libertà togli la dignità”». Il presidente di Assopopolari (associazione che ha finanziato una ricerca nel gulag di Karaganda che ha portato alla luce lo sterminio degli italiani di Crimea e quello dei soldati dell’Armir, tra i quali si è scoperto un reduce piacentino ancora vivente, il 96enne Pietro Amani: «Pensate – ha rimarcato Sforza – che mai nessuna entità istituzionale ha ricordato questa persona. L’abbiamo fatta conoscere noi portandola a Palazzo Galli») ha poi definito «scandaloso» che il pensiero unico abbia tenuto nascosto il genocidio degli italiani di Crimea e quello armeno. «Sabato scorso è stata ricordata la giornata della memoria. E’ giusto che si portino i ragazzi a vedere le ignominie compiute in nome del nazional-socialismo, perché questo era quel che oggi chiamano nazismo, ma è vergognoso che si dicano mezze verità su fatti di non minore gravità». Sforza ha ricordato che ora gli italiani di Crimea sono riuniti in associazione e grazie ad un incontro “fortuito” con Putin quando venne in Crimea a ricevere Berlusconi, hanno ottenuto lo status di vittime di genocidio, che comporta il riconoscimento di risarcimenti per i danni subiti al tempo con gli espropri di tutte le loro proprietà.
E riprendendo il discorso di cose dette e non dette, Corrado Sforza Fogliani è tornato sul Festival della cultura della libertà: «E’ stato un seccesso. Per due giorni abbiamo sentito cose che abitualmente in Italia non vengono dette, giuste o sbagliate che siano. Ricordo quel che disse Luigi Einaudi nel suo discorso d’insediamento da presidente della Repubblica: “Quello che mi dispiace, è che non potrò più avere il piacere di cambiare idea davanti alle argomentazioni dei miei avversari politici nei dibattiti parlamentari”».
La giornata è proseguita con la visita all’Abbazia, al suo museo, al museo d’arte contemporanea Mazzolini, alla Cattedrale e al museo della Cattedrale. Una visita (conclusa con il pranzo al Ristorante Giardino) davvero interessante, che ha ricordato a tutti che scrigno di tesori d’arte sia Bobbio. E Corrado Sforza ha al termine annunciato che la commemorazione del genocidio degli italiani di Crimea avverrà anche il 29 gennaio del prossimo anno, sempre a Bobbio, con l’intenzione di farlo diventare un appuntamento fisso.