Il vantaggio di agganciarsi ad un alleato robusto come Iride, «ricco di eccellenze nel campo di gas ed elettricità», per dare origine ad un gruppo «con un portafoglio di attività completo ed equilibrato per effetto della complementarietà dei due soggetti»; il vantaggio di «abbracciare un territorio molto più vasto e di diventare la seconda realtà nazionale dopo A2a, con un valore stimato di 3 miliardi di euro»; il vantaggio di un «sensibile aumento degli utili, da 1,1 milioni di euro a 1,4/1,5 circa, e quello di un probabile dividendo straordinario»; la convinzione che si possa concretizzare anche un vantaggio in termini di tariffe per gli utenti «non appena verrà coperta una percentuale maggiore del fabbisogno grazie a nuovi e moderni impianti in via di realizzazione». Infine la certezza: Enìa deterrà il 35% e Iride il 65%, «ma non saremo assolutamente sudditi».Ecco perché, a giudizio del vicepresidente di Enìa Marco Elefanti, la fusione della multiutility emiliana con Iride conviene. E’ infatti sui benefici e sulle ricadute per il territorio piacentino dell’operazione che quasi tutti i consiglieri della commissione 4, in maniera trasversale, hanno insistito nelle loro richieste di chiarimento, per certi versi comprensibilmente asfissianti. Più guardinghi e dubbiosi, anche per ragioni di opportunità politiche, quelli delle minoranze (Filiberto Putzu di Fi, Andrea Paparo di An, Gianni D’Amo di Piacenzacomune e Carlo Mazza del misto); decisamente più convinti, pur non rinunciando a richiedere garanzie, quelli della maggioranza fronte Pd e civica di Reggi, con il Prc per la verità un po’ più titubante.Il connubio, che si gioca parallelamente su più tavoli (anche a Torino e Genova i Consigli comunali devono approvare la fusione), ha una portata mastodontica. Riflessione decisamente evidente dopo una mezz’ora di relazione di Elefanti, assistito da Giovanni Chinosi (responsabile della pianificazione stretgica di Enìa), farcita di numeri, slides e di "torte" divise in fette percentuali.Elefanti ha subito sottolineato l’aspetto della complementarietà che sottende all’operazione: «Enìa e Iride insieme coprono l’intera gamma di servizi che una multiutility deve offrire. La società di Torino e Genova è forte per quel che riguarda gas e elettricità, Enìa sa farsi valere sul fronte dei rifiuti e del ciclo idrico: messi insieme i due gruppi danno vita alla seconda realtà nazionale, preceduta, per ordine di importanza, solo da A2a, nata dalla fusione tra Asm Brescia e Aem Milano».Il vicepresidente ha spiegato come il mercato borsistico abbia avvantaggiato Enìa nel concambio (un’azione emiliana ne vale 4,2 di Enìa) penalizzando Iride. Ha assicurato che «il 51% del gruppo rimarrà pubblico», che non si creeranno troppe distanze tra i cittadini e i centri decisionali («la sede legale sarà a Reggio Emilia»), che sarà garantito l’attuale assetto occupazionale e che Piacenza non vedrà ridimensionato il suo "potere", cioé la quota dell’1,6%, equivalente a circa 50 milioni di euro.Anche dal punto di vista della governance, Enìa «ha "strappato" ottimi risultati». A guidare il gruppo ci sarà un comitato esecutivo di quattro persone (si vocifera ne faranno parte Andrea Allodi, presidente di Enìa, Andrea Viero, ad del gruppo emiliano, Roberto Bazzano, presidente di Iride, e Roberto Garbati, ad del gruppo mezzo piemontese e mezzo ligure), due espressione di Enìa e due di Iride. Poi un consiglio di amministrazione composto da 13 membri (7 espressione di Iride, 4 di Enìa, 2 del mercato) che voterà le decisioni importanti con un quorum di 10 («ciò garantirà la presena di almeno un membro espressione di Enìa»). Presidente e amministratore delegato proverranno da Iride, il direttore generale da Enìa con quest’ultimo che avrà la sede operativa a Parma.Le scadenze: a gennaio l’assemblea degli azionisti chiamati ad approvare il progetto; a marzo la stipula dell’atto di fusione e ad aprile l’assemblea dei soci della nuova società e la nomina del nuovo