Incatenati in piazza Cavalli, accompagnati dallo slogan “Schiavi mai”. Sono i lavoratori della GLS e gli iscritti al sindacato USB, scesi in strada per protestare contro le denunce che hanno raggiunto tre attivisti durante uno sciopero.
“In questi giorni sono arrivate le denunce ai nostri compagni impegnati nelle lotte della logistica, questo non ci meraviglia perché sappiamo che nel nostro paese gli spazi di democrazia e di conflitto vengono sempre più ristretti. A Piacenza come nel resto dell’Italia il Governo, a partire dal Ministro Minniti, vuole eliminare il conflitto come stanno già eliminando da tempo i diritti dei lavoratori. Quello che però non possiamo accettare è il capo di accusa che riteniamo grave e assurdo: la tesi della Procura è che nelle nostre lotte noi si voglia “conseguire un ingiusto profitto patrimoniale” mentre dovrebbe essere chiaro a tutti che sono le aziende che ricavano un “ingiusto profitto” sulla pelle dei lavoratori, cercando continuamente di eludere norme di legge e di contratto, dai salari alla sicurezza” si legge in una nota.
“Noi ci opponiamo con fermezza a questo rovesciamento della realtà, ed è anche per questo che parteciperemo con determinazione allo sciopero generale e alla manifestazione nazionale che ha come tema “riportiamo in piazza la verità”, che nel nostro caso risulta un richiamo anche alla nostra specifica questione. La verità è che nei magazzini della logistica accade che molti lavoratori siano: senza regolare contratto o con buste paga false; abbiano straordinari non pagati e inquadramenti professionali non a norma; privati della necessaria sicurezza, sino ad arrivare ad infiltrazioni malavitose. Quello che però infastidisce non sono i diritti negati nella logistica così come in tutto il mondo del lavoro, ma la ribellione a tutte queste ingiustizie. A Piacenza, in particolare, ma ormai un po’ ovunque, i facchini sono soliti alzare testa e voce per gridare il proprio diritto ad un lavoro dignitoso, rivendicazione che avanzano scandendo lo slogan SCHIAVIMAI”.
“Ecco, la cosa che più di ogni altra infastidisce i signori della logistica è proprio lo sviluppo del conflitto, l’uso dello sciopero per rivendicare ciò che viene negato. Nei mesi scorsi alla GLS, l’azienda in cui è stato ucciso Abd El Salam, i facchini si sono mobilitati perché senza alcun avviso, in modo assolutamente opaco, si procedeva ad un cambio di appalto della cooperativa che avrebbe dovuto gestire il magazzino della distribuzione. In queste occasioni normalmente si perdono per strada posti di lavoro e conquiste pregresse e pertanto non provenendo risposte alle richieste sindacali di chiarimenti e garanzie, USB ha proclamato uno sciopero. I lavoratori dell’impianto in questione hanno determinato tempi e modalità della lotta che ha visto un presidio molto partecipato innanzi ai cancelli durato ben due giorni, il tempo dovuto ad una trattativa complessa e spigolosa i cui passaggi sono stati tutti rigorosamente sottoposti ai voti assembleari e unanimemente condivisi sino all’epilogo che ha prodotto come risultato l’assunzione di tutti coloro interessati al cambio di appalto (nessuno escluso), aumenti salariali varianti dai 240€ ai 350€ mensili medi, la non applicazione delle procedure del Jobs Act e il riferimento invece al precedente art. 18 della legge 300. La lotta, partecipata, determinata e coerente ha pagato, ha piegato l’arroganza e l’oltranzismo padronale che però non ha voluto rinunciare al colpo di coda”.
“Infatti, puntuali sono arrivate le denunce di GLS a tre delegati di USB: Issa Abu Abed e Riadh Zaghdane dirigenti nazionali di USB Lavoro Privato e Roberto Montanari dell’esecutivo confederale provinciale USB di Piacenza, accusati di voler “conseguire un ingiusto profitto patrimoniale” e ancora “mettendo in atto azioni di sciopero” per “l’assunzione di personale precedentemente dipendente della cooperativa…” e “attraverso condotte di presidio e picchettaggio degli ingressi”. Nel 2017 c’è chi si sente legittimato a mettere in discussione il diritto di sciopero grazie ad uno scenario di raffreddamento delle lotte ad opera dei sindacati confederali e allo smantellamento della legislazione sul lavoro ad opera anche dei governi sostenuti e guidati dal PD. Dovranno però fare i conti con la volontà di difendere la democrazia manifestata dal popolo italiano col referendum costituzionale del 4 dicembre scorso, con la determinazione dei lavoratori a non chinare la testa nei confronti di chi li vorrebbe nuovamente schiavi e con la fermezza di U.S.B. ad avanzare in una pratica di sindacato di classe, coerentemente e radicalmente dalla parte di chi è sfruttato. Lo sciopero generale di tutti i lavoratori pubblici e privati, indetto per Venerdì 10 novembre, così come la manifestazione nazionale di Sabato 11 a Roma, è per ribadire che dalla crisi si può uscire soltanto dando i soldi a chi lavora, ai pensionati, a chi un lavoro non ce l’ha anziché regalarli alle imprese e alle banche ed anche per affermare che il diritto costituzionale di scioperare non si tocca!”.
La solidarietà del Partito Comunista Italiano
La sezione piacentina del Partito Comunista Italiano esprime piena solidarietà ed appoggio ai sindacalisti U.S.B denunciati con l’accusa di estorsione dopo aver organizzato uno sciopero alla G.L.S. di Piacenza. Purtroppo questo genere di accuse non sono nuove ed esprimono una nuova normalità dove organizzarsi per lottare affincè vengano riconosciuti i diritti di chi lavora è diventato un atto fastidioso. Questo trend che continua a svuotare del suo contenuto la pratica democratica si sta scagliando in particolar modo contro quei partiti e sindacati che con i fatti tentano di portare la democrazia laddove questa vuole essere estirpata. Non ci sorprende quindi l’accanimento riservato all’ U.S.B. sindacato che,sia a livello nazionale che a livello locale, ha da tempo dato prova di voler arginare coi fatti lo sfruttamento dei lavoratori e la deriva ottocentesca che sta prendendo il mondo del lavoro. Per questo sabato 11 novembre il Partito Comunista Italiano scendera in piazza con U.S.B. e le altre sigle aderenti all pittaforma EUROSTOP per manifestare contro chi ha da sempre lavorato per far emergere e potenziare la criminalizzazione di chi sta dalla parte dei lavoratori: l’ europa delle banche.