S’intitola “Confesso che ho stonato” (Skira), l’ultimo libro di Gianni Mura che sarà ospite mercoledì 25 ottobre alle 18 alla galleria Biffi Arte a Piacenza, in via Chiapponi 39 a Palazzo Marazzani Visconti. Mura ha tradito un’altra volta il suo grande amore, lo sport, per raccontarsi in musica. Con la stessa passione.
Tanto che il suo “Confesso che ho stonato” si è meritato di inaugurare “Note d’autore”, collana di Skira diretta da Michele Serra, Gianni Biondillo e Mario Tonti. Libro colto e tenero, abbiamo detto. Colto: “Il dibattito su poesia e canzone è antico – spiega – ed è stato riproposto dal Nobel per la Letteratura assegnato a Bob Dylan, tra molti consensi e altrettanti dissensi”. Aggiunge: “La canzone non è sorella minore né maggiore della poesia. Fa parte, allo stesso titolo, dei tesori di una lingua”. E libro tenero: “Quella canzone di Jannacci è da brividi – commenta Mura – è disperatamente dolce e si può immaginarla solo in bianco e nero. È la vecchia “Dona che te durmivet”: lui, il marito? non importa, le aveva promesso di portarla al cine, ma si è fermato in latteria con gli amici, e lei piange e “si bagna il naso di gassosa”. Perché “dopo cinque anni questo è il risultato: che l’amore non c’è più. E allora mi decido a scomodare due parole importanti: poesia e capolavoro”.
Un riassunto quello di Mura, di mezzo secolo di canzone italiana, e non solo, da Alice ad Atahualpa Yupanqui, il volume di Gianni Mura. Il libro ci insegna che non si tratta soltanto di canzonette, di rime e ritmi, ma di capolavori che fanno parte del nostro costume. Non è un caso che Mura spenda parole bellissime per Sergio Endrigo e che definisca “Albergo a ore” versione Herbert Pagani e “I treni per Reggio Calabria” di Giovanna Marini, pezzi della nostra storia recente. La Marini che una volta lo consolò. “No, non direi che sei stonato – gli disse – hai un modo tuo di cantare, diatonico”. Mura s’informò da un esperto: Diatonico? Totalmente stonato.