Lega Nord sui profughi di Albone: “Il prefetto rispetti le ordinanze del sindaco”

Il sindaco di Podenzano, Alessandro Piva, nei giorni scorsi ha firmato la terza ordinanza per chiedere che la casa di Albone, dove è collocato da un mese e mezzo un gruppo di richiedenti asilo, venga sgomberata per inagibilità. Sul caso interviene la sezione locale della Lega Nord: «Sosteniamo questa battaglia di civiltà che sta portando avanti il primo cittadino di Podenzano, nonostante gli errori amministrativi del caso specifico». Il Carroccio si riferisce al fatto che ben due atti ufficiali di fila, emessi in seguito ai controlli degli uffici tecnici e delle forze dell’ordine nella struttura d’accoglienza ad Albone, siano stati respinti dalla Prefettura per problemi tecnici. Durante tali sopralluoghi erano state riscontrate alcune irregolarità nell’abitazione dove si trovano i «presunti profughi».

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«L’amministrazione comunale di centrosinistra, in realtà, così facendo ha portato avanti una battaglia tipica del centrodestra, contro l’immigrazione di massa e senza controlli che sta impattando negativamente sulla cittadinanza. Ad Albone la situazione è troppo squilibrata, mettendo a rischio la tenuta sociale della frazione. Si contano infatti all’incirca quindici anime: com’è possibile, perciò, che avvenga davvero un processo di integrazione con un gruppo di venticinque migranti?», si domanda la Lega. «L’unico processo possibile, e attualmente in essere, è quello di arricchimento delle cooperative e dei soggetti privati che lucrano sull’accoglienza».

«La Prefettura di Piacenza deve rispettare le ordinanze firmate dal sindaco, espressione diretta della volontà popolare, che non deve essere scavalcato dalla burocrazia romana e dagli uffici isolati di chi non vive il territorio – prosegue il Carroccio -. Lo diceva anche Einaudi: “Democrazia e prefetto repugnano profondamente l’una all’altro. Non si avrà mai democrazia, finché esisterà il tipo di governo accentrato, del quale è simbolo il prefetto”. Nel territorio piacentino stiamo assistendo a un gravissimo attacco alla democrazia, che va contro gli interessi della popolazione. Quotidianamente i sindaci vengono ignorati dai “tecnici” che, attorno a un tavolo, decidono dove e come insediare i sedicenti profughi, senza tenere conto della struttura abitativa e dei meccanismi culturali di un determinato luogo. Solo una piccola percentuale di immigrati, poi, ottiene lo status di profugo: coloro i quali ricevono il diniego, diventando di fatto clandestini, vengono comunque mantenuti per diversi mesi a spese dei contribuenti».