Immaginate di essere la dirigente di una società con sedi in tutta Italia: un giorno agli indirizzi mail di tutte le filiali iniziano ad arrivare vostre fotografie falsificate apparentemente tratte da siti web pornografici. A questo aggiungete continui insulti e minacce personali e alla famiglia. Immaginate che tutto questo prosegua per un anno. Un inferno che ha inghiottito una giovane manager di Piacenza.
I fatti risalgono a maggio 2016. Un ragazzo di 29 anni residente a Vicenza aveva inviato un curriculum alla società di cui la donna è direttore commerciale. A un certo punto ha iniziato a lamentarsi via mail: “Ho avuto dei problemi tecnici nel caricamento del documento e vi ho scritto, ma non ho avuto nessuna risposta. Invece ho notato che se vi scrive una donna rispondete subito. Come mai questa differenza di trattamento?”. Più o meno era questa la questione, questione che ha spinto la responsabile a fornire chiarimenti, ovviamente presentandosi con nome e cognome. Da quel momento è iniziato l’incubo.
I primi sei mesi la situazione era apparsa tutto sommato sotto controllo e la donna credeva di avere a che fare con un semplice rompiscatole, invadente e inquietante certo, ma non tale da correre ai ripari. Poi la situazione ha iniziato ad aggravarsi con minacce e diffamazioni al limite del sopportabile. Le intimidazioni hanno iniziato a coinvolgere non solo la donna ma anche la famiglia con frasi come “Sto andando a stuprare una donna, poi lo farò con te”, oppure “ucciderò te e le tue figlie, vi getterò acido sul volto”. Non solo, il giovane vicentino ha cominciato una vera campagna di denigrazione: caricava fotografie di donne somiglianti alla manager su siti pornografici e inviava i link ai contatti della ragazza, amici, parenti ma anche colleghi, non solo di Piacenza ma anche di filiali in altre zone d’Italia. Caricava finti messaggi su siti di incontri, creava finti profili su Facebook allo scopo di danneggiarla. A un certo punto la vittima non ha più retto e nell’ottobre 2016 ha sporto querela.
La Polizia Postale, guidata dal sovrintendente capo Pietro Vincini, ha iniziato complesse e certosine indagini a caccia di indirizzi IP, collegamenti web, localizzazioni. Indagini che hanno portato gli inquirenti addirittura a richiedere informazioni a una società australiana dedita alla gestione di siti web pornografici. Fino alla svolta: il 29enne si era recato a Praga per motivi personali e dall’albergo continuava a perseguitare la manager. Gli investigatori hanno localizzato il pc e hanno chiamato l’hotel la cui direzione ha confermato l’effettiva presenza del giovane.
Dati alla mano le forze dell’ordine si sono recate dallo stalker e davanti a prove inconfutabili hanno prima provato a “ragionare” intimandogli di smetterla. La prima volta non è servito a nulla e così le forze dell’ordine hanno notificato una seconda diffida consegnata direttamente nelle mani del giovane dai carabinieri veneti. E’ servita a qualcosa? Macché, appena i militari sono usciti di casa il persecutore ha scritto alla donna: “Se non ritiri la denuncia ti uccido”. A questo punto non restava altro da fare che rendere inoffensivo l’uomo con un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Con il ragazzo rinchiuso nel penitenziario di Vicenza, gli agenti della polizia postale stanno ora proseguendo le indagini per completare il quadro in attesa del processo: per ora il 29enne deve rispondere dell’accusa di stalking.
“E’ una vicenda inquietante sotto tutti i punti di vista – commenta Vincini – ma l’elemento più spaventoso è che lo stalker a un certo punto sapeva tutto della sua vittima, mentre quest’ultima non sapeva nemmeno che volto avesse il suo persecutore. Un aspetto che avrebbe permesso all’uomo di agire indisturbato qualora avesse deciso di procedere con aggressioni fisiche: la vittima non sapeva da chi difendersi, chiunque incontrasse per strada rappresentava potenzialmente una minaccia. In tanti anni di carriera è la prima volta che mi capita un caso di stalking prettamente online, senza contatti o addirittura conoscenze personali precedenti. E’ la dimostrazione della doppia faccia del web: utilissimo, anzi oggi fondamentale, ma altrettanto pericoloso”.