Sarà inaugurata a Palazzo Farnese il prossimo 21 aprile la mostra Io qui sottoscritto. Testamenti di grandi italiani. L’evento, collaterale alla grande esposizione del Guercino, si terrà nella Sala Mostre (ingresso gratuito) con l’obiettivo di narrare ai visitatori la storia d’Italia attraverso un punto di vista inedito: i testamenti di personaggi illustri.
Promossa dalla Fondazione di Piacenza e Vigevano e dal Collegio Notarile di Piacenza e curata dal Consiglio Nazionale del Notariato e dalla Fondazione Italiana del Notariato, grazie alla raccolta di testi originali o in riproduzione racconterà il lato umano di protagonisti della storia d’Italia. Testimoni d’eccezione sono – tra gli altri – Giuseppe Garibaldi, Luigi Pirandello, Camillo Benso conte di Cavour, Giovanni Verga, Enrico De Nicola.
Ad essi si affiancano i testamenti di personaggi piacentini illustri: la copia olografica del lascito del cardinale Giulio Alberoni; i testamenti del XIII secolo appartenenti a Plasio “de Bedurli” e Donna Dolce, moglie di Bernardo Monaco; il lascito trecentesco di Alberto Scotti, condottiero, banchiere e uomo politico, signore di Piacenza.
Patrocinata dal Ministero della Giustizia e dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, l’esposizione ha già avuto oltre ventimila visitatori nelle precedenti edizioni organizzate a Roma, Modena, Mantova, Milano e Torino, in attesa di approdare dopo Piacenza anche all’estero, a Berlino.
Io qui sottoscritto traccia dunque un itinerario inedito e rivelatore poiché ogni testamento racconta, del suo autore, non solo la situazione familiare ed economica, ma soprattutto l’animo, le scelte morali, civili, le propensioni e il carattere. Negli studi notarili si conservano e formano ogni giorno, infatti, documenti che raccontano le storie, le difficoltà, i lasciti morali, filosofici e politici, le scelte economiche di italiani che hanno contribuito a segnare la storia del nostro Paese e che questa mostra vuol far conoscere a tutti e che per questo motivo, anche grazie alla collaborazione con il Comune di Piacenza e l’Archivio di Stato, potrà essere oggetto di visite guidate da parte delle scolaresche.
«Questa è una mostra itinerante che si è legata, nelle sedi precedenti, all’evento clou della città ospitante: le celebrazioni per i 150 anni della Repubblica a Roma, il Festival della Letteratura a Mantova, quello della Filosofia a Modena e così via. A Piacenza – commenta il presidente della Fondazione Massimo Toscani, già presidente del Collegio Notarile di Piacenza – la proponiamo come evento collaterale alle iniziative sul Guercino offrendo, proprio a Palazzo Farnese che è sede della mostra sul genio di Cento, l’occasione di ripercorrere, gratuitamente, un pezzo della nostra storia più o meno recente attraverso le parole e le volontà di personaggi illustri».
<Negli studi notarili _ sottolinea Mariarosaria Fiengo presidente del Consiglio Notarile di Piacenza _ si conservano e formano ogni giorno documenti che raccontano le storie, le difficoltà, i lasciti morali, filosofici e politici, le scelte economiche degli italiani. E tra questi anche quelli che hanno contribuito a segnare la storia del nostro Paese e che questa mostra, grazie al suo carattere itinerante, vuol far conoscere a tutti>.
Massimo Toscani farà gli onori di casa alla cerimonia di inaugurazione, in programma il 21 aprile alle ore 18, con il Presidente del Consiglio Notarile di Piacenza, Mariarosaria Fiengo.
I testamenti in mostra:
Camillo Benso conte di Cavour, Giuseppe Garibaldi, Alfonso La Marmora, Giuseppe Zanardelli, Alcide De Gasperi, Enrico De Nicola, Giorgio Ambrosoli; Alessandro Manzoni, Antonio Fogazzaro, Gabriele D’Annunzio, Gioachino Belli, Giovanni Verga, Giovanni Pascoli, Grazia Deledda, Luigi Pirandello; Giuseppe Verdi, Guglielmo Marconi, Eduardo Scarpetta, Enrico Caruso, Ettore Petrolini, Lina Cavalieri; Enzo Ferrari, Giovanni Agnelli senior, Papa Giovanni XXIII, Papa Paolo VI, Odoardo Focherini.
La sezione piacentina:
Giulio Alberoni (1664 – 1752)
«In mezzo a tante vicende, peripezzie e contratempi è piaciuto al Signore Iddio, per sua infinita misericordia, mantenerci in vita col darci nello stesso tempo forza e vigore per incontrarli e sostenerli con coraggio e superiorità d’animo. Sensibili noi e penetrati da tante e sì alte beneficenze abbiamo creduto dover dare a sua Divina Maestà qualche attestato della nostra ossequiosa gratitudine e pensassimo, anni sono, che niuno potesse essergli più caro e di maggiore sua gloria che di fondare un Collegio ecclesiastico nella nostra Patria».
Prelato e cardinale, nato di umili origini fu al servizio dei Farnese e di Filippo V di Spagna dal 1712 al 1719 combinando nel 1714 il di lui matrimonio con Elisabetta Farnese, nipote di Francesco, duca di Parma e Piacenza. Concluse la sua carriera come legato pontificio. Lasciò con testamento tutti i suoi ingenti beni, pari a più di 600.000 ducati, al Collegio che aveva fondato alla periferia di Piacenza per formare sacerdoti che non avevano i mezzi necessari per sostenere gli studi. Lo affidò ai Padri Vincenziani, conosciuti dal Cardinale durante la sua dimora a Roma, i quali diedero un’impostazione aperta anche agli studi scientifici. Ivi si formarono anche noti intellettuali come Gian Domenico Romagnosi, Melchiorre Gioia, Giuseppe Taverna e Stefano Fermi, padre della scuola storica piacentina. Il Collegio esiste tuttora e possiede un ingente patrimonio culturale, fra cui una preziosa pinacoteca.
Alberto Scotti seniore (? – 1318)
Alberto Scotti istituisce «heredes in omnibus meis bonis et juribus mobilibus et immobilibus» i due figli viventi, i nipoti prole dei due figli defunti, le due figlie, nonché tutti i figli maschi e femmine delle due anzidette, le abiatiche figlie dei due figli defunti, tutti i figli di sua figlia Mabelina, infine gli eventuali nascituri di sua moglie Sibelina. Le figlie si devono accontentare delle doti percepite e di un legato di 20 soldi. I possedimenti e i diritti si trovano a Croara, Zavattarello, (Val)Verde, Ruino, Fombio, Piacenza, «Brayda Fontana», Fiorenzuola, Sparavera, Rovereto. Alla moglie lascia la dote, il corredo, il letto coniugale e 200 lire piacentine, infine «pro remedio anime» istituisce un legato di 10 lire ai Frati Predicatori di Piacenza per il suo seppellimento e di 10 lire alla sorella Ayia. Se per qualche motivo i beni non si potranno trasmettere a discendenti maschili, subentreremmo «prima il vescovo piacentino e indi l’ospedale di S. Giovanni di Gerusalemme.
Condottiero, banchiere e uomo politico, fu esponente di una delle maggiori famiglie della Piacenza medievale e che rappresentò a lungo, assieme ai Fontana, Anguissola e Landi, una delle quattro consorterie, o squadre, cittadine dominanti. Fu signore di Piacenza a più riprese fra il 1280 e il 1313, e addirittura di Milano, che contese con alterne alleanze ai Visconti e ai Della Torre, fra il 1302 e il 1304. Morì nel 1318 «in Regale Castellum de Crema, ubi positus erat in confinibus per D. Galeatium» Visconti. Il suo corpo fu tumulato in un imponente sepolcro in breccia di Verona presso la chiesa di S. Giovanni in Canale a Piacenza. Per le presunte origini scozzesi della famiglia (Scotti o figli di Scotus) fu aggiunto nel 1414 con diploma imperiale il cognome Douglas.
Plasio Bedurlo (secolo XII)
Il 14 febbraio 1180, volendo intraprendere il cammino di Santiago, Plasio Bedurlo fa testamento nella sua casa di Piacenza, alla presenza dei testimoni Gerardo Bonatti, Giovanni Petenario, Ariberto di Castello, Guido Ferrari, Gandolfo Bedurlo, Petracio di Vivolda, Giovanni di Pontenure, Salemo di Ianardo, Giovanni Ferrari, Alberto di Travazano. Istituisce erede la sorella («Ego Carenzam sororem meam heredem michi instituo») e dispone per la salvezza della sua anima («pro anima mea» ) lasciti in denaro a Gerardo Bonatti e Salemo di Ianardo.
Il documento è uno dei più antichi testamenti del territorio piacentino. Testimonia il ruolo importante di Piacenza come nodo viario sulle vie dei pellegrinaggi fin dall’alto medioevo.
Dati i pericoli che potevano incontrare durante il lungo viaggio e che spesso mettevano a rischio il ritorno, spesso i pellegrini facevano testamento prima di partire.
Donna Dolce, moglie di Bernardo Monaco (secolo XIII)
Il 4 agosto 1231 a Piacenza, nel chiostro della chiesa di San Giorgio, Dolce moglie di Bernardo Monaco di Turro fa testamento. Istituisce suoi eredi il fratello Bonviso ed i figli Guidetto, Giovanni ed Alchenda. A quest’ultima lascia 100 soldi piacentini e dispone che il rimanente debba essere diviso tra il fratello ed i due figli maschi. Per la salvezza della sua anima lascia 2.000 tegole al laborerio della chiesa di San Giovanni dei Frati Predicatori («delego pro anima mea laborerio ecclesie Sancti Iohannis fratrum predicatorum duo miliaria cuporum ibi conductorum»).
Donna Dolce si fa carico di una parte dei coppi per la copertura della chiesa dei domenicani che giunsero a Piacenza intorno al 1220 e, a seguito di donazioni ricevute nei pressi del rio Beverora, fondarono una chiesa con annesso monastero dedicata a San Giovanni “in canale” per distinguerla da altre omonime. Alla soppressione dell’Ordine del Tempio all’inizio del Trecento i domenicani si annetterono anche la vicina S. Maria del Tempio e relativo chiostro, ora scomparsi. Gli ordini mendicanti – francescani e domenicani – costituiscono il segno distintivo della vita religiosa delle città duecentesche e trecentesche.
Il testamento è stato rogato dal notaio Giovanni Iumello su imbreviatura del notaio Guglielmo di Cazelasco.
Io qui sottoscritto.
Testamenti di grandi italiani
21 aprile – 20 maggio 2017
Spazio Mostre di Palazzo Farnese
Piazza Cittadella, 29 – Piacenza
Orari:
martedì, mercoledì e giovedì ore 9.30 / 12.30
venerdì, sabato e domenica ore 10.00 / 19.00
INGRESSO GRATUITO