La voce di Clara Galante e le note di Andrea Sammartino per “Intorno a Medea”

Raccontare il mito di Medea con parole e musica. Lo fanno Clara Galante, attrice, e Andrea Sammartino, musicista, con “INTORNO A MEDEA” per voce e pianoforte, in scena al Teatro Comunale Filodrammatici di Piacenza venerdì 18 novembre alle ore 21. La serata è organizzata da Fondazione Teatri di Piacenza e Teatro Gioco Vita. Liberamente ispirato al melologo di Jiri Antonin Benda, lo spettacolo è diretto da Alessio Pizzech, con elaborazione drammaturgica ed interpretazione di Clara Galante ed elaborazione musicale di Andrea Sammartino. “Intorno a Medea” è stato realizzato per la prima volta al Teatro Verdi di Trieste con orchestra e coro. Ora il melologo di Benda (forma artistica per musica e attrice) è adattato ad una esecuzione concentrata sul dramma per voce e pianoforte. Mozart in una lettera del 12 novembre del 1778, durante la sua permanenza a Mannheim, scrive a proposito di questa Medea: «questo dramma è eccellente, la musica è un recitativo, e la parola che si recita sullo sfondo musicale è di splendido effetto».

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«Ho immaginato – scrive Alessio Pizzech nelle note di regia – la parola drammatica, i suoni ribelli, i toni della vicenda come narrati da una donna/Medea che ritorna sul palcoscenico della sua vita, sul luogo che lei stessa ha incendiato con le sue mani e lì si ritrova ad evocare volti/voci del suo passato, quello che accadde, lei è Giasone, i figli la nutrice, la storia stessa, il sole di cui è figlia, la notte in cui si perde. Questo viaggio nella parola come un gioco di risonanze emozionali, passa attraverso una serie di luoghi deputati dove oggetti/testimoni vengono animati dal suo ricordo. Una serie di passaggi fisici, di qualità vocali, animano la vicenda. Il racconto pone al centro il punto di vista di Medea, di un femminile tradito, di un gesto estremo nel tentativo di rovesciare un sistema valoriale tutto al maschile. Medea fa della propria marginalità un punto di vista radicale che sovverte le leggi stabilite, metallo, sangue, carbone e cenere dominano i colori di un mondo devastato che corrisponde a quella sorta di terremoto dell’anima che Medea ha vissuto in sé: Medea maga, Medea moglie, Medea madre, ribelle, emarginata, tradita… La maternità così diventa colpa, impossibilità ad essere donna. Un dolore essenzializzato che si frammenta in un percorso scenico-musicale che anticipa e riassume in sé i termini di un conflitto interiore: l’impossibilità di amare e di essere amati come tema fondante che crea un ponte tra l’antico rito greco e la nostra contemporaneità passando in questo caso attraverso il filtro del mondo di Benda e di quello spirito mitteleuropeo che pare la lente attraverso cui rileggere questo capolavoro assoluto, tanto sperimentale quanto capace di creare una suggestione forte che lega questa parte di Europa alla straordinaria cultura nata sulle sponde del mediterraneo».