Ho assistito in questi giorni al fascinoso spettacolo scaligero de “Der Rosenkavalier” (Il cavaliere della Rosa) di Richard Strauss, un’esperienza fantastica per la memoria dolce di una Vienna perduta. Ma perché parlare di quest’opera per il pubblico piacentino? A Piacenza è attiva da anni la nobile Associazione Gebetsliga dedicata alla preghiera per la beatificazione dell’Imperatore Carlo I d’Austria, presieduta da Maurizio Dossena. Per il responsabile culturale della Gebetsliga, Ivo Musajo Somma e per chi scrive, il mondo viennese della fine dell’Ottocento rappresenta un unicum di spiritualità e di intima dedizione all’estetismo puro. Tra gli intenti del Compositore e del Librettista, Hugo von Hofmannsthal, il Cavaliere della Rosa, rappresentato a Dresda nel 1911, era un inno alla società viennese di un settecento felice ove solo i sentimenti, le piccole burle, le dolci vendette amorose potevano lasciare vivere personaggi famosi, intriganti e completamente dediti alla bellezza. La rinascita dei valori morali in cui crediamo noi soci della Gebetsliga è proprio invece il ritrovamento dello spirito, la fiducia nella forza della preghiera e l’imitazione della persona dell’Imperatore Carlo. Maurizio Dossena è riuscito a far vivere ai piacentini questa dimensione viva e interiore di autentico spirito asburgico.Ma veniamo ora alla Scala: un esuberante Zubin Mehta ha diretto l’Orchestra in un crescendo panico di energia e di dolci suggestioni armoniche che esaltavano stupendamente ogni linea melodica dei personaggi. La regia di Harry Kupfer delicatissima ed elegante ha caratterizzato quella Vienna di cui parlavamo con tinte di dolce colore decadente. Le scene di Hans Schavernoch sono state la fedele ricostruzione di un’eleganza salottiera di caro sapore classico e hanno narrato la vicenda che Richard Strauss concepiva per la poesia dei caratteri.La compagnia di canto, meravigliosa e raffinata, non ha mai trasceso ed ha sempre voluto mantenere le tonalità “pastello” di una vocalità intima e liricamente studiata. Ricordiamo gli interpreti: la Marescialla, Krassimira Stoyanova, un grande personaggio dal vissuto intenso e struggente e dalla voce pregnante; il Barone Ochs, Gunter Groissbock; Octavian, Sophie Koch, divertente nel timbro e nella duttilità scenica. Che dire di Herr von Faninal? Un felice e spensierato Adrian Erod; Sophie sua sorella, Christiane Karg. Immergiamoci così nell’atmosfera di una società immaginaria che la bacchetta di Mehta ci ha fatto rivivere e che il pubblico ha salutato con un trionfo. L’ultimo pensiero alla Vienna Asburgica che negli anni antecedenti alla Grande Guerra languiva e soffriva per una fine prossima. La fine era solo apparente poiché la forza della Fede l’avrebbe salvata.
Maria Giovanna Forlani