Le ferite della Valnure. Ferite che appena accennano faticosamente a rimarginarsi, vengono riaperte brutalmente da una natura bambina che non capisce, se ne frega di tutto e di tutti, si muove, avanza, rompe.
Sono andato a Bettola e non credevo che mi sarebbe toccato fare foto come quelle che invece ho fatto, ancora, dopo il 14 settembre sempre in Valnure tra Farini e Bettola, cuore del peggior disastro ambientale mai registrato nel Piacentino: tre morti, attività devastate, case sventrate.
Alla Predalla di Bettola non sembra di stare sul luogo di una frana, sembrano gli effetti di un terremoto, e di quelli tosti. Il sindaco Sandro Busca aveva parlato di “bombardamento” con una metafora che sulle prime mi era sembrata eccessiva ma non aveva affatto torto. Contattato la mattina, mi aveva autorizzato ad andare a documentare quel che era accaduto la notte di Pasqua sulla strada che porta a Prato Barbieri raccomandandosi di “girare” il suo appello ai lettori: «Non andate su quella strada, state lontani, è pericoloso».
Al mio arrivo però di curiosi ce ne sono parecchi, e in parte è anche comprensibile: una devastazione del genere attira l’attenzione. Ci sono ragazzini, c’è gente del posto ma anche qualcuno che arriva da altri paesi della vallata; c’è addirittura un ciclista in mountainbike in abbigliamento tecnico che balza giù dai gradoni che si sono creati nell’asfalto smosso e spaccato dal fronte di terra che scende inesorabilmente verso il Nure, alzandone l’argine in modo che le autorità giudicano preoccupante. Tant’è che già da ieri le ruspe sono in azione per tentare di fare spazio all’acqua in caso di nuove perturbazioni.
L’auto va parcheggiata appena prima di Torre Farnese dove la Provinciale è transennata proprio in prossimità di una prima spaventosa crepa che fa fare all’asfalto un salto di oltre un metro. Proseguo a piedi verso Bramaiano sul versante est della vallata, appena a monte di Bettola. La strada è devastata: crepe da un lato all’altro creano vere e proprie balze e fanno capire come in alcuni punti la carreggiata sia scesa di metri. Il gruppo di case di proprietà di Felice Cavanna, da poco ristrutturate, sembra un costruzione di Lego non ancora terminata o montata male da un bambino. Salendo, lo scenario si fa ancora più devastato e l’inquietudine aumenta dando uno sguardo al cielo plumbeo che non promette nulla di buono nonostante l’occhio di sole che spunta tra i nuvoloni neri. Lo scorcio di Provinciale che in quel punto crea un avvallamento e poi una salita permette di rendersi conto della potenza della natura, della pressione del terreno che spinge dall’alto piegando l’asfalto come se fosse carta, sollevando intere porzioni di prato, abbattendo tralicci della luce, sbriciolando muri di cinta.
Gli edifici più danneggiati si trovano nelle anse formate dai due tornanti investiti in pieno dal fronte franoso. Le costruzioni più a monte sono le stalle di Bruno Perini, il macellaio di Bettola. Mi fa entrare nella sua proprietà raccomandandomi attenzione: «Se senti un crack, corri più veloce che puoi». Qualche scricchiolio lo si sente in effetti passando di fianco ai muri crepati del fienile e della stalla, fortunatamente sgomberata: «Già sabato mattina ero stato a dar da mangiare agli animali e mentre salivo mi sono accorto che l’asfalto era spaccato, c’era un gradino di quindici centimetri. Arrivato nella stalla, le bestie erano come impazzite, facevano un baccano infernale: del resto “sentono” prima di noi quel che sta per accadere».
C’è da dire, però, che anche gli esseri umani qualche segnale lo sanno cogliere: Bruno e altri della zona avevano notato movimenti del terreno già da mesi: «Una finestra non si chiudeva più e ho chiamato un fabbro per rinforzare il muro con una chiave, ma da lì a poco anche quella si è messa a “tirare” moltissimo». In altre parole, la frana era già iniziata. E parliamo di mesi fa. Bruno Perini dice di aver segnalato la cosa ma «sai com’è – spiega -, in questi casi sembra che non ci senta nessuno».
Eppure è una zona, questa della Predalla, che già da anni è interessata da movimenti che avrebbero meritato una certa attenzione, quantomeno. Una trentina d’anni fa – spiega sempre Perini con la conferma di altri presenti tra i quali un ex carabiniere in servizio a Bettola – era stata segnalata la necessità di intervenire per mettere in sicurezza il versante ma – dice – «la Provincia non ci ha fatto toccare la strada e nessuno ha poi più fatto niente». Morale, oggi siamo qui a contare i danni. E per alcuni sono davvero spaventosi. Felice Cavanna, 80 anni, dovrà abbattere buona parte delle case della sua famiglia, le case in cui è nato; Bruno Perini dovrà abbattere la stalla nella quale teneva i suoi animali.
E intanto la macchina amministrativa si è mossa come può, in emergenza come sempre, bussando alle porte dei piani più alti, dalla Protezione civile regionale a quella nazionale i cui tecnici sono già arrivati a Bettola: «Buon segno dice il sindaco Busca». Speriamo. Dalla Regione invece ci fanno sapere che arriverà a breve un bilancio con gli interventi fatti e quelli da fare entro breve. E per fortuna, nel frattempo – è notizia di oggi – la frana sembra essersi fermata. Ma qui in Valnure le ferite sono ancora aperte e a quanto pare dovrà passare ancora molto tempo prima che si possa parlare di guarigione.