Delitto del trolley, le motivazioni: “Civardi agì con lucidità e per soldi”

 

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“Nell’architettare e commettere il delitto, Gianluca Civardi era lucido e razionale”. I giudici non hanno creduto alla tesi difensiva che il fiorenzuolano fosse incapace di intendere e di volere; e nemmeno che avrebbe agito solo per “punire” il professor Adriano Manesco per la sua presunta pedofilia. Emerge questo dalle motivazioni della sentenza depositate dalla Corte d’Appello di Milano, presieduta dal giudice Guido Piffer, che il 26 novembre 2015 ha condannato all’ergastolo il 32enne per il cosiddetto delitto del trolley. Il 7 agosto 2014 insieme all’amico Paolo Grassi (anch’egli condannato all’ergastolo con rito abbreviato) i due salirono nell’appartamento del professore di Estetica di via Settembrini e lo uccisero nel modo più barbaro per poi seminarne il corpo. Se non fosse stato per il sonno troppo leggero di una piacentina e per il fiuto investigativo di una pattuglia di poliziotti, forse i due l’avrebbero fatta franca.

Dalle intercettazioni captate in carcere tra Civardi e i famigliari, per i giudici appare chiaro di come il ragazzo non abbia mostrato segni di pentimento. “Non mi vergogno di quello che ho fatto e non voglio saperne di scuse” ha detto. Ma non solo. Civardi si dice “fiero di quello che ha fatto” che giudica una cosa “grandiosa”. Altro che pentimento. E del resto, le espressioni riferite in aula dallo stesso imputato poco prima che venisse letta la sentenza – “so di aver commesso una stupidaggine, una sciocchezza” disse – secondo chi lo ha giudicato la dicono lunga sulle sensibilità un po’ distorte rispetto all’accaduto.

I giudici scrivono poi che “l’imputato nei suoi diversi ambiti di vita (familiare, amicale, lavorativo, durante l’esperienza detentiva), non aveva manifestato segnali di alterazioni del pensiero, dell’umore e del comportamento, ma al contrario aveva mostrato di condurre una vita assolutamente razionale. Non solo: nessuna traccia dello stato di coscienza “crepuscolare” ipotizzata dal consulente Alessandro Meluzzi che era stato incaricato dagli avvocati difensori Francesca Cotani e Andrea Bazzani. «Le modalità dell’omicidio possano dimostrare di per sé che Civardi era stato condizionato da un’ideazione malata, fossero espressione di un pensiero megalomanico, magico, disorganizzato». Sulla questione della pedofilia, i giudici non la ritengono motivazione sufficiente a giustificare il delitto. A far scattare la molla sarebbero state soprattutto le motivazioni economiche.