Domenica 31 gennaio l’USB indice a Piacenza la manifestazione SCHIAVI MAI, con partenza alle ore 11.00 da piazza dei Cavalli, contro i licenziamenti discriminatori in atto nello stabilimento GLS e il lavoro precario in tutto il settore della logistica.
Un gruppo di lavoratori migranti, da anni attivo nelle lotte per i diritti dei lavoratori della logistica, viene licenziato perché non si piega alle decisioni dell’azienda. Contemporaneamente lo stabilimento GLS di Piacenza viene ridimensionato e 50 lavoratori a tempo determinato vengono mandati a casa. Il tutto non in presenza di una reale contrazione delle attività, ma come provvedimento contro i lavoratori che si ribellano.
Nei confronti dei lavoratori della logistica, per la stragrande maggioranza migranti, si vuole continuare ad adottare un sistema discriminatorio che non tiene conto dei contratti e della legislazione sul lavoro. Un sistema senza diritti, nel quale si cerca di cancellare anche la dignità di chi lavora.
Per questo domenica 31 gennaio è importante una risposta chiara: MAI SCHIAVI, no ai licenziamenti contro gli attivisti sindacali, no al precariato come forma di controllo sui lavoratori.
Non si può speculare sulla pelle dei lavoratori della logistica in Emilia Romagna: insostenibile la situazione che si sta determinando nel sistema logistico e del facchinaggio nella nostra regione.
Su tutta la via Emilia sono diversi i casi di committenti che utilizzano appalti al massimo ribasso con cooperative compiacenti o di situazioni dove come organizzazioni sindacali riusciamo ad ottenere l'applicazione dei contratti nazionali, grazie anche alla lotta dei lavoratori, e sedicenti rappresentanze sindacali alimentano la tensione per “tutelare” gli interessi di qualche iscritto a scapito della contrattazione collettiva, svendendo poi diritti costituzionali come quello dello sciopero.
Dall'appalto Bormioli di Fidenza, dove, mentre l'accordo per il cambio appalto sottoscritto dalla Cgil prevede l'integrale applicazione del CCNL ed il mantenimento dei livelli occupazionali per i facchini, i Cobas hanno aperto un conflitto strumentale per garantire gli interessi personali dei loro pochi iscritti, all'appalto in capo alla Cooperativa Parma Courier dove i Cobas, pur di essere legittimati hanno sottoscritto accordi che limitano il diritto di sciopero, agli appalti nel distretto carni di Modena, dove la Cgil ha denunciato condizioni di lavoro e salariali indegne nel sistema degli appalti, senza per'altro ricevere ancora nessun riscontro tangibile dai committenti in merito all'applicazione contrattuale, al nuovo appalto alla Bompani di Ostellato dove la nuova cooperativa vorrebbe applicare contratti che diminuiscono le tutele contrattuali e salariali dei lavoratori, lo scenario che ci offre la nostra regione è da far west.
Da anni abbiamo denunciato il radicarsi di una situazione di illegalità nel sistema degli appalti, “aiutata” da un ruolo della committenza che gioca sulla pelle dei lavoratori per ottenere il massimo profitto possibile a scapito della qualità del lavoro e del prodotto, che rischia di produrre tensioni sociali ed impoverimento del sistema produttivo i cui effetti sono imprevedibili.
Siamo riusciti, con il contributo delle istituzioni regionali, ad ottenere una legislazione che introduce norme a tutela del lavoro di chi opera nel sistema degli appalti, abbiamo convenuto con il Patto per il lavoro l'introduzione nei cambi appalto della clausola sociale a tutela dell'occupazione, abbiamo sottoscritto con l'Alleanza delle Cooperative un intesa che recepisce e sostiene i principi della legge regionale n.3 del 2014 sul sistema degli appalti nel facchinaggio, abbiamo convenuto più di 100 accordi in regione che prevedono che nei cambi appalto il lavoro, il reddito, i diritti, l'occupazione, i contratti, siano tutelati, stiamo lavorando con la Regione e le altre parti sociali sull'elaborazione del Testo unico su appalti e legalità per costruire un “cordone sanitario” a tutela del lavoro buono e che sia in grado di isolare, contrastare e alienare la competizione sleale, le cooperative spurie, il lavoro irregolare, la committenza che utilizza il massimo ribasso, la malavita organizzata.
Ma tutto questo appare ancora insufficiente, visto quello che sta accadendo.
E' più che mai necessario parlare un unico linguaggio basato sul valore del lavoro, sul rispetto della dignità di chi lavora, sul rispetto dei contratti nazionali, sul contrasto all'illegalità.
E' ora di smetterla di fare cassa sulla pelle dei lavoratori da parte dei committenti e degli appaltatori che riconoscono ai facchini salari da fame, è ora di smetterla di cercare di fare “qualche iscritto”, come nel caso dei Cobas, alimentando la guerra tra poveri, tra lavoratore e lavoratore, la tensione sociale, solo per avere visibilità, salvo poi sottoscrivere accordi, come nel caso dello sciopero, che limitano diritti costituzionali.
La Cgil ha fatto degli appalti la nuova frontiera per tutelare il lavoro e per sostenere uno sviluppo sostenibile del quale il buon lavoro ne diventa il volano.
Per queste ragioni continueremo nella strada intrapresa, a partire dalla diffusione dell'apertura degli sportelli delle legalità così come abbiamo già fatto all'Interporto di Bologna, nel polo logistico di Piacenza, all'Interporto di Parma".
Antonio Mattioli Michele De Rose
Responsabile politiche contrattuali Segretario Generale
Segreteria Cgil Emilia Romagna Filt Cgil Emilia Roma