Sudditanza psicologica. E’ la condizione in cui, secondo gli investigatori, verserebbe Gino Laurini, il 22enne che con le sue rivelazioni ha permesso ai carabinieri di scoprire il brutale omicidio della pensionata Giuseppina Pierini, data per scomparsa nel luglio del 2012 a Pontenure e trovata cadavere nei mesi scorsi nel terreno di un cascinale abbandonato di Massa Marittima, in provincia di Grosseto. Sudditanza psicologica nei confronti di sua madre, Maria Grazia Guidoni, 45 anni, finita in manette l’altro giorno con l’accusa di omicidio premeditato e pluriaggravato. La Guidoni, secondo le risultanze investigative, avrebbe ammazzato la sua stessa madre, la Pierini appunto, facendo sparire il suo corpo e denunciandone la scomparsa per depistare le indagini; il tutto allo scopo di accaparrarsi la pensione dell’anziana (2.100 euro al mese) malata di Alzheimer. Sarebbe stato il delitto perfetto se non fosse stato per la coscienza del giovane Gino Laurini, all’epoca dei fatti 18enne e oggi 22enne. Proprio per togliersi un peso divenuto ormai insostenibile, il ragazzo – nel frattempo trasferitosi da Pontenure alla Toscana – si sarebbe autodenunciato e avrebbe indicato ai militari dell’Arma il luogo esatto in cui si trovavano i resti della 63enne scomparsa più di tre anni fa. Ora la madre di Laurini, la Guidoni, è in carcere e anche lo stesso 22enne è sotto accusa per gli stessi reati e dunque omicidio premeditato e distruzione di cadavere. E’ però a piede libero, su decisione degli stessi magistrati inquirenti della Procura di Piacenza Michela Versini e Roberto Fontana, proprio in considerazione del suo comportamento collaborativo. Di grande rilievo, in questo contesto, appare anche la personalità della principale indagata, Maria Grazia Guidoni (che al momento si è avvalsa della facoltà di non rispondere al giudice), e cioè una personalità a quanto pare aggressiva e “cattiva”, e la condizione di sottomissione e sudditanza dello stesso Gino Laurini. Una condizione che attualmente non esclude la sua sanità di mente ma che andrà senz’altro approfondita. Si profila come probabile, dunque, una perizia psichiatrica sul giovane indagato per accertare la sua eventuale capacità di intendere e di volere al momento dei fatti, e cioè prima del processo di emancipazione che l’ha infine spinto a liberarsi la coscienza e denunciare sé stesso e sua madre.