Nell’arte piacentina recente Fede Rossi rappresenta una ventata di novità e di originalità soprattutto per l’elegante e caratteristico “combine painting”. E la personale “Moods – Stati d’animo”, dal 8 al 31 dicembre 2015 alla galleria “Spazio Rosso Tiziano”, via Taverna 41, Piacenza, rispecchia questi diversi registri espressivi. Troviamo infatti un approccio quanto mai variegato contenente disegni a matita, raffinate incisioni, soprattutto fondi informali ottenuti con pochi e fondamentali colori sempre ad olio.Rossi ha infatti lavorato su un’ambivalenza semantica con disegno ed incisione da un lato, spazi indefiniti dall’altra. Cioè corpo e materia, figure e non figure, personaggi e sentimenti: forse un tutt’uno indissolubile ma, iconograficamente, la differenza esiste. Sulle sue tele spicca allora questa stimolante dialettica fra tradizioni ugualmente importanti: accademica ed informale. Nel primo indirizzo sembra che uomini e donne – realizzati a matita o incisi – siano imprigionati o protetti da pareti cromatiche, soglie misteriose, teneri diaframmi. Figure o parti anatomiche sono immerse o circondate da un magma denso, concentrato, spesso rosso dove Rossi media fra esistenze e coesistenze, contingente ed eterno. L’artista rivendica così alla disciplina pittorica un ruolo assai importante in questo inizio di terzo millennio. Il pittore innanzitutto è una presenza autoriale, incisiva ed autorevole perché riesce a recepire e tradurre in modo nuovo sensorialità indicibili. E poi – come coscienza critica e forma dell’esistenza – la pittura non deve scordare illustri eredità, deve mediare fra Storia ed innovazioni. Come sentinella critica la pittura deve anche controllare che il nuovo non scalzi definitivamente grandi modelli tecnici e culturali. Nel secondo indirizzo invece i paesaggi sono soprattutto interiori, sono spazi della mente e della memoria, spesso il ricordo di un vissuto. Vi prevale il rosso ma non è convenzione, è il colore della vita e della passione, talvolta della paura ma anche dell’energia e della riscossa. Rossi ci vuole suggerire come ogni paesaggio potrebbe essere un segmento spaziale pulsante di vita in una concezione quasi animistica. Ogni tela potrebbe infatti – metaforicamente – contenere un cuore, mai allora ambiente ed uomo sono stati così vicini nella produzione artistica italiana. I paesaggi sembrano masse muscolari, brandelli di carne trattenuti e fissati su superfici che vivono soprattutto per i contrasti con il grigio. Sembra di essere su Marte, in altre dimensioni tattili e visive, in altre configurazioni spazio-temporali. E’ il potere e il fascino della pittura che può manipolare e trasfigurare il reale secondo vari livelli di mimesi. E poi cieli spesso biancastri, cornici nere o grigie che racchiudono tutto: c’è preoccupazione per l’alterazione ambientale ma prevale l’aspetto narrativo, affabulatorio, anzi onirico. Altre sue opere trascendono completamente i paesaggi, li presuppongono ma li oltrepassano in nome di un forte pan-sensismo.Cosa ci vuol dire allora la pittrice piacentina? Ci sono molti fra citazioni e rimandi teorici nell’arte di Rossi: l’eredità di “Color field painting” e “Post painterly abstraction” americani non è più il colore puro ed assoluto di quei sognatori americani. E’ una materia fibrosa, vischiosa, raggrumata talora perché è una rete di protezione, un simbolo di vita. Rossi inconsciamente traduce forse la solitudine dell’uomo contemporaneo, il desiderio di sconfiggere il buio e allontanare le tenebre. Ma c’è di più: Rossi mantiene staccati i due principali elementi della “natura naturans” che permea le sue tele cioè umanità e natura. La soggettività dell’Io sembra vagare nel gran mare dell’Informale ma mantiene sempre una propria riconoscibilità, fisica e psichica. I confini fra identità e alterità, i due ambiti sono sempre separati pur dialogando più o meno sommessamente. Non ci sono implicazioni o deformazioni organico-naturalistiche, il principio creativo della realtà non cambia: nelle tele di Rossi uomini da un lato, contesto e contorno dall’altro. Rossi si muove dunque fra tendenze informali ed Espressionismo astratto che in Italia, peraltro, non hanno mai avuto tanta fortuna. Non dimentica però l’accattivante poesia calligrafica e referenziale costituita dal disegno a matita o inciso. E’ una declinazione interessante, intrigante, sicuramente originale e – per certi aspetti – controcorrente. La personale “Moods – Stati d’animo” è infatti una tappa importante nel percorso evolutivo della pittrice piacentina. Suggella molte cose ma non è un punto di arrivo e, certamente, avrà un seguito altrettanto luminoso.
Fabio Bianchi