Caddero da un carro a Rezzano, erano profughi in nero: imprenditore denunciato

Si torna a parlare dell'incidente del 28 agosto scorso avvenuto a Rezzano di Carpaneto quando un carro agricolo con a bordo una decina di stranieri si ribaltò. Tre di quelle persone, una volta cadute, furono travolte da un'altra vettura rimanendo ferite. All'arrivo della polizia stradale agli agenti si presentò uno scenario alquanto sospetto. In primis gli agenti trovarono sul posto solo i tre stranieri investiti dall’auto e rimasti feriti sull’asfalto, mentre alcuni testimoni oculari parlarono di una decina di persone di colore presenti sul carro trainato dal trattore e poi fuggite subito dopo il sinistro. Secondariamente il carro sul quale viaggiavano gli stranieri era stato nascosto poco lontano, dietro il cimitero del paese. Ancora, gli agenti trovarono alcune cassette di legno accatastate in un canale adiacente la carreggiata e infine ai poliziotti si presentò un uomo che sosteneva di essere il conducente del trattore, quando in realtà sempre i testimoni oculari sostennero di aver visto al volante un altro uomo. Insomma, troppi aspetti poco chiari e un alone di mistero che non piacque neanche un po’ agli agenti della polizia stradale. Iniziarono così le indagini condotte da Polstrada e Direzione Territoriale del Lavoro insieme: si fece subito largo, infatti, lo spettro del lavoro nero.

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Innanzitutto la Polstrada ha cercato di capire una volta per tutte chi fosse alla guida del trattore. L’uomo che sul luogo dell’incidente si presentò come il conducente era il fratello del titolare di un’azienda agricola di Rezzano. Basandosi sulle testimonianze gli agenti hanno deciso di interrogare l’uomo arrivando finalmente a farlo confessare: al volante non vi era lui, bensì il fratello, ovvero il titolare dell’attività, un uomo piacentino di 59 anni. Quest’ultimo è stato così denunciato per omissione di soccorso e fuga.

Restava da risolvere il mistero del gruppo di lavoratori visti sul carro dai testimoni oculari. La Direzione Territoriale del Lavoro ha iniziato a coordinare le indagini condotte dal Nucleo Carabinieri Ispettorato del Lavoro e dagli ispettori dell’Inps e dell’Inail concentrandosi in prima istanza sui profughi ospitati non solo nelle strutture di accoglienza della zona, ma anche di Piacenza: "Indagini lunghe e difficili soprattutto perché abbiamo dovuto dialogare con i migranti che inizialmente erano timorosi – spiega il maresciallo capo Paolo Taurino dei Nucleo Carabinieri Ispettorato del lavoro – abbiamo dovuto far capire agli stranieri che stavamo indagando nel loro interesse e solo a quel punto i lavoratori in nero hanno iniziato ad aprirsi". Si è svelato così ai carabinieri un mondo fatto di lavoro sommerso. In altre parole i profughi erano venuti a sapere che questa azienda agricola di Rezzano di Carpaneto arruolava lavoratori in nero da inviare nei campi per la raccolta del pomodoro e avevano iniziato a lavorare per il 59enne da inizio agosto: il titolare aveva adottato un metodo di pagamento singolare, 90 centesimi per ogni cassetta riempita, anche se poi, in realtà, i lavoratori finivano con il percepire molto meno essendo gli “stipendi” del tutto arbitrari. A quel punto per il 59enne, già denunciato per omissione di soccorso e fuga in riferimento all’incidente, sono scattare ulteriori pesanti sanzioni: innanzitutto una denuncia per aver fatto lavorare in nero persone prive del permesso di soggiorno, oltre 62mila euro di multa per aver sfruttato il lavoro nero e oltre 6mila euro per l’evasione di contributi Inps ovviamente mai versati. Dalle indagini è emerso che erano circa una trentina i profughi che da inizio agosto avevano lavorato per il 59enne, tutti provenienti da Nigeria e Gambia. Una decina, invece, quelli coinvolti nell’incidente del 28 agosto: di questi, come detto, tre erano stati investiti da un’auto che sopraggiungeva in quel momento ed erano finiti al pronto soccorso, uno dei quali in condizioni particolarmente gravi e ad oggi non ancora guarito dopo quattro mesi di ricovero.

A tal proposito è finito nei guai anche il conducente della vettura: i rilievi della polizia stradale, infatti, hanno accertato che l’uomo viaggiava ad una velocità superiore rispetto al limite di 50 chilometri orari fissato per quel tratto. Secondo la Polstrada i tre profughi rimasti feriti avrebbero riportato le lesioni più gravi non tanto per la caduta dal carro quanto proprio per l’impatto con la vettura. Impatto che sarebbe stato meno devastante se il conducente avesse rispettato i limiti di velocità. 

L’esito delle indagini è stato illustrato questa mattina, giovedì 24 dicembre, dal comandante della polizia stradale Mauro Livolsi, dal maresciallo capo Paolo Taurino dei Nucleo Carabinieri Ispettorato del lavoro e dal direttore della Direzione provinciale del lavoro Alberto Gardini. “Una dimostrazione di eccellente collaborazione tra forze dell’ordine e istituzioni” ha commentato Livolsi.