Carbonext, Buzzi: “Nessun inceneritore”. Comitati: “Manca impatto ambientale”

Consultazione pubblica sulla questione Carbonext particolarmente affollata in Provincia, nel pomeriggio di lunedì 9 novembre. Molti gli abitanti della Valdarda, riuniti in Comitati o meno, che hanno deciso di essere presenti al confronto con i vertici della Buzzi Unicem e le istituzioni, per capire se possano esserci dei rischi ambientali nel progetto dell'azienda di utilizzare rifiuti, adeguatamente trattati (Carbonext, appunto) come combustibile per produrre energia che possa alimentare la cementeria di Vernasca, così come le altre del Gruppo in Italia.
 
Il primo a intervenire è stato Antonio Buzzi, che dell'azienda di famiglia coordina tutti gli impianti italiani. Che ha premesso: "Sono padre di tre figli e ci tengo al rispetto dell'ambiente". E poi ha cercato di spiegare la bontà del progetto: "L'attenzione del territorio è una nostra priorità, perché prima è fatto di persone e poi di ditte. Il nostro è un mestiere che ha bisogno di molti capitali e un tempo lungo per generare ritorno economico. Per questo è necessaria una corretta coabitazione tra azienda e territorio. La nostra sede a Casale Monferrato, purtroppo è tristemente famosa per la larga diffusione di mesiotelioma, che ha toccato anche il nostro vice presidente. Per cui noi non speculiamo sulla salute dei dipendenti e degli abitanti. Controlliamo le emissioni e tutte le polveri vengono riconvertite. I nostri target di controllo sono più severi, a volte, delle stesse norme. Abbiamo poi particolare attenzione all'agricoltura, simbolo del nostro paese. Già dalla metà degli anni '90 e poi dai 2000, utilizzando combustibili derivati dal trattamento di rifiuti, abbiamo constatato, attraverso studi, che non ci sono conseguenze delle emissioni. Abbiamo anche verificato il latte in cinque stabilimenti nei pressi della nostra ditta e non vi sono differenze rispetto ad altre più distanti. Così come escludiamo aumento di tumori. Posso comunque assicurare che Vernasca non sarà convertito in un inceneritore o in un termovalorizzatore. Ricordo poi che il cemento, con 5 miliardi di tonnellate all'anno, è la sostanza più utilizzata nel mondo, dopo l'acqua. Il prodotto che andremo ad utilizzare (Carbonext) sarà trattato, con una serie di procedure. Quindi ci poniamo a valle del sistema della raccolta differenziata, non a monte. Infine segnalo che i mezzi pesanti saranno solo cinque in più al giorno, quindi con un aumento dell'inquinamento su gomma trascurabile".
 
Successivamente è intervenuto Giuseppe Castelnuovo, in rappresentanza di Legambiente e dei Comitati: "La Commissione Europea permette l’uso dei Css nei cementifici a due condizioni: che sostituiscano la smaltimento dei rifiuti negli inceneritori e che agli stessi vengano applicati i medesimi limiti di emissione degli inceneritori. I decreto Clini ha poi cambiato, con un escamotage legislativo, la nozione di rifiuto in quella di combustibile, senza però effettuare alcuna corretta valutazione sugli effetti di questa partita di giro e gli effetti sono sotto gli occhi di tutti, i limiti per i cementifici sono meno stringenti di quelli degli inceneritori e i Css vengono utilizzati per mera convenienza industriale e non in sostituzione degli inceneritori, con il rischio e la prospettiva che a Piacenza oltre ad un inceneritore in pieno utilizzo ed ad un cementificio che già oggi brucia pneumatici , la Cementirossi, si potrebbe aggiungere un altro Cementificio che utilizza Css e cioè rifiuti travestiti da prodotti industriali in ulteriore aggiunta".
Non solo, perché Castelnuovo ha poi aggiunto: "Se si facesse una vera Valutazione di Impatto Ambientale si confronterebbe l’uso dei CSS non solo con i combustibili attualmente usati, ma anche con quelli che invece potrebbero essere utilizzati in alternativa. Perché non si confrontano le emissioni attuali, con quelle potenziali prodotte dall’uso del CSS e con quelle prodotte da un mix di metano più energia elettrica?". E ha concluso, segnalando che "la Buzzi è proprietaria della centrale idroelettrica posta alla base della diga di Mignano, dalla potenza di ben 2 Megawat, energia che alla Buzzi non costa nulla e che ci risulta abbia deciso di vendere in rete, senza invece usarla nello stabilimento".
 
Sono intervenute 29 persone, tutte in contrasto al progetto Carbonext, sia da un punto di vista tecnico che di opportunità politica, tutti preoccupati sul fronte salute, per le presunte emissioni inquinanti di questa tipologia di prodotti e per contrastare l'uso dei Css nei cementifici, che gli ambientalisti considerano rifiuti che un escamotage amministrativo ha reso prodotti industriali.
 
Tra i tanti, gli ingegneri e il chimico Angelo Negri, Luca Iesini e Andrea Conti dei due comitati "Basta nocività" ed "Aria Pulita in Val d'Arda", il geologo Andrea Dadomo, che ha parlato dei rischi di dissesto dell'area che ospita il cementificio. Poi gli interventi sul problema dell'aumento dei trasporti su gomma e del loro riflesso sull'inquinamento della vallata, fatti da Donatella e Renato De Sanctis e Raffaella Negri. E ancora, quelli sul rapporto tra agricoltura e inquinamento da parte di Annamaria Lamberti e Danilo Saccardi del Comitato dei "Cittadini per l'ambiente rurale" e di Coldiretti. E per finire, gli accorati appelli di Renata Bussandri, Mario Menta e Luisa Ferrari sul fronte salute e sulle scelte che dovranno fare le amministrazioni e gli enti in conferenza dei servizi per tutelare i cittadini.
 
Numerosi gli interrogativi aperti, insomma, che gli aderenti ai Comitati in questi due anni hanno anche messo nero su bianco attraverso gli studi di esperti – che hanno autofinanziato – che hanno sollevato in particolare il tema del rischio emissioni, che conterrebbero agenti inquinanti, alcuni anche particolarmente pericolosi. E così c’è sempre meno fiducia, da parte degli abitanti, persino in enti come Arpa e Ausl, che sono stati citati più volte per la presunta mancanza di dialogo.
Dal canto suo l’azienda, carte alla mano, ha cercato di spiegare la bontà del progetto. Particolarmente appassionato, come detto, l’intervento di Antonio Buzzi e dei suoi ingegneri, che però non sembra siano riusciti a convincere i presenti in via Garibaldi. E così, nonostante le rassicurazioni, la cementeria di Vernasca – una volta azienda importante per i posti di lavoro che sapeva esprimere (oggi sono 80) – sembra essere diventata uno spauracchio per la popolazione, preoccupata per la propria salute e per quella delle generazioni a venire.