Sgominarono la Uno Bianca: “Il segreto di un buon poliziotto è l’onestà”

"E' giusto ricordare ai giovani gli errori commessi dalla polizia anche a causa delle mele marce come quelle che costituirono la banda della Uno Bianca. Anche una storia come questa è importante per sottolineare comunque che per ogni mela marcia esistono dei forti anticorpi costituiti da quegli agenti che ogni giorno si trovano a operare sulla strada con onestà". Queste le parole di polizia Luciano Baglioni e Pietro Costanza, gli agenti che riuscirono a sgominare la famigerata Banda della Uno Bianca, organizzazione criminale operante in Emilia-Romagna tra la fine degli anni ottanta e la prima metà degli anni novanta. Baglioni e Costanza hanno incontrato gli allievi della scuola di polizia di Piacenza per un incontro formativo organizzato dal sindacato di Polizia Siap del segretario Sandro Chiaravalloti.
 
Agli inizi del 1994 il magistrato di Rimini Daniele Paci costituì un pool di investigatori per risolvere il caso, dopo 7 anni di omicidi e crimini ancora senza un colpevole reale, nonostante un grande numero di arresti nel corso degli anni precedenti, poi dimostratisi errati e fuorvianti. Il pool inizialmente non riuscì ad ottenere molto, solo la ricostruzione di un identikit di un bandito, registrato a volto scoperto durante la rapina in banca del 3 marzo 1994. Verso la metà del 1994 il pool dei magistrati riminesi fu sciolto e la direzione delle indagini consegnata ad un pool di magistrati a Roma. Furono però due poliziotti, l'ispettore Baglioni e il sovrintendente Costanza, a seguire la pista giusta. I due poliziotti, facenti parte della Questura di Rimini, avevano collaborato con l'appena sciolto pool di magistrati riminesi. Chiesero alla procura che il lavoro del pool riminese non venisse perso ed avviarono delle indagini autonome, volte a scoprire i componenti della banda della Uno Bianca. Il procuratore di Rimini diede loro carta bianca, fu così che Baglioni e Costanza cominciarono a dedicarsi praticamente a tempo pieno alle loro indagini. Misero in atto appostamenti, ricerche, controlli agli istituti di credito rapinati e cercarono di capire le modalità operative della banda.
 
Le indagini di Baglioni e Costanza sono state raccolte nel libro scritto da Marco Melega “Baglioni e Costanza. Come due investigatori di provincia hanno risolto il caso della Uno Bianca. Un'iniziativa, quella di oggi, che vogliamo dedicare alle 24 vittime di quella famigerata banda" commenta il segretario del sindacato di polizia Siap Sandro Chiaravalloti. “Per noi è un onore poter ospitare a Piacenza questi colleghi che hanno fatto la storia della polizia di Stato” continua Chiaravalloti.
 
Baglioni e Costanza hanno raccontato quei mesi di indagine e inchiesta, alla ricerca di ogni minimo indizio in grado di porre fine alle scorribande di un’organizzazione che pareva tanto spietata quanto inarrestabile. Un’indagine che a un certo punto mise i due investigatori davanti a un’atroce verità: ai vertici della banda vi erano alcuni colleghi poliziotti. Una verità difficile da digerire, fortunatamente i due agenti non furono mai soli: "Quando siamo arrivati alle prime conclusioni scoprendo che erano coinvolti alcuni colleghi abbiamo comunque ricevuto collaborazione dalle questure e dalle autorità, mai un tentativo di nascondere i risultati che stavamo ottenendo. E anche questo è sinonimo di una polizia sana. Anche una volta concluse le indagini gli attestati di ammirazione e gratitudine sono stati numerosi, dalle autorità e dalle persone comuni".
 
Certo un’indagine delicata e difficile: “Abbiamo rischiato la vita più volte perché quei banditi avevano il grilletto facile. Uscivamo la mattina per recarci al lavoro e non sapevamo se saremmo tornati a casa la sera” racconta Costanza.
 
"La stampa avanzava numerose teorie come quella dei servizi segreti deviati o del terrorismo – specifica Baglioni – e quando abbiamo cominciato a scoprire che in effetti erano coinvolti poliziotti abbiamo cominciato ad avere timori: contro chi stavamo combattendo? Ovviamente siamo andati avanti comunque. Alla fine, come si disse terminata l’inchiesta: dietro alla Uno Bianca non c’era nient’altro che la targa e i fanali”.

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"Da quando è terminata l'inchiesta la gente ha iniziato a trattarci come eroi – spiegano – ma noi siamo sinceri quando diciamo di non sentirci dei superpoliziotti. Noi siamo solo dei poliziotti. Ci è stata affidata un'indagine, noi l'abbiamo condotta basandoci sulle nostre conoscenze e su quanto imparato con l'esperienza. Non abbiamo grandi verità da insegnare alle giovani leve, semplicemente vogliamo dire questo: una volta che si diventa poliziotti lo si è 24 ore su 24, in servizio e fuori servizio, con la divisa o senza la divisa, nella vita privata e nella vita pubblica. E si deve essere onesti, sempre, anche quando lo stipendio sembra non bastare".