Era il 10 dicembre 2004 quando in una villa tra le campagne di Gazzola fecero irruzione tre individui armati di pistola. I due coniugi presenti in quel momento furono minacciati, percossi e costretti a consegnare 15mila euro in contanti e un orologio Rolex da 25mila euro. Dopo aver arraffato il maltolto la banda si dileguò nell'oscurità. Sulla vicenda indagarono i carabinieri di Bobbio che arrivarono all'identificazione dei tre malviventi entrati in azione: tutti e tre furono condannati a sette anni di carcere con l'accusa di rapina aggravata dall'uso delle armi. Se però due di loro furono assicurati alla giustizia, il terzo fece perdere le proprie tracce: si trattava di un albanese che all'epoca dei fatti aveva solo 18 anni, fuggito chissà dove. Non solo, analizzando le impronte digitali del 18enne trovate sulla scena della rapina gli inquirenti scoprirono che il nome con cui il giovane era conosciuto era falso: essendosi macchiato di numerosi reati anche prima della rapina di Gazzola del 2004, il 18enne era stato schedato altre volte in passato, ma con un nome diverso per ogni episodio. In tutto risultavano otto alias per una sola persona: il pericoloso bandito era dunque nascosto in chissà quale parte del mondo e soprattutto senza un nome. Alle indagini, difficilissime, condotte dalla Procura di Piacenza si sono dunque affiancate la polizia di Piacenza, la polizia scientifica e l'Interpol. Pochi giorni fa la svolta con alcuni indizi che hanno ricollocato il ricercato, oggi 29enne, in un carcere in Albania: dopo approfondite indagini la conferma, l'autore della rapina di Gazzola era proprio lì, con un nome ancora diverso e mai usato finora, Coba Mario. La Procura di Piacenza ha così emesso un Mandato di Cattura Europeo che ha permesso di estradare l'albanese 29enne riportandolo in Italia. Atterrato all'aeroporto di Malpensa ieri mattina, giovedì 10 settembre, è stato condotto al carcere di Rebibbia dove dovrà scontare quattro dei sette anni a cui era stato condannato nel 2004: tre anni, infatti, gli furono scontati per l'indulto.
Una volta rintracciato e arrestato dopo undici anni di latitanza la polizia ha potuto tracciare il ritratto di un vero criminale professionista, pericoloso e accurato nonostante la giovane età. Innanzitutto si è scoperto il suo vero nome, Coba Besnik: oltre agli otto alias forniti nel corso degli anni alle forze dell'ordine, una volta arrivato in Albania si era fatto cambiare il nome in Coba Mario in maniera legale. Secondariamente si è scoperto che il bandito non era stato condannato solo a Piacenza: a Milano era finito in manette per associazione a delinquere per reati contro il patrimonio e sequestro di persona, in Lussemburgo era stato denunciato per furti in abitazione e ancora, come detto, in Albania era stato arrestato per rapina e reati contro il patrimonio. "E' la dimostrazione che anche a distanza di anni la giustizia vince sempre" commenta con soddisfazione Salvatore Blasco, dirigente della Squadra Mobile della questura di Piacenza.