“No alla teoria gender nelle scuole”. Risoluzione di Foti (Fd’I) in Regione

In una risoluzione presentata all'Assemblea legislativa, Tommaso Foti (fdi-An) sollecita la Giunta ad assumere iniziative, nell’ambito delle proprie competenze, affinchè "non sia introdotta la teoria del gender nelle scuole di ogni ordine e grado dell'Emilia-Romagna" e sia "rispettato il ruolo prioritario della famiglia nell’educazione all’affettività e alla sessualità, riconoscendole questo diritto sulla base della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (articolo 26) e dei decreti che riconoscono le scelte educative dei genitori". La famiglia, scrive il consigliere, rappresenta infatti "l’ambiente più idoneo ad assolvere l’obbligo di assicurare una graduale educazione della vita sessuale, in maniera armonica, prudente e senza traumi".

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Nel testo si chiede all’esecutivo regionale di "sollecitare il rispetto del diritto fondamentale delle famiglie, coinvolgendone le associazioni rappresentative in ogni strategia educativa della scuola, in particolare nella predisposizione dei progetti sull’affettività e sulla sessualità e nell’opera di educazione, per evitare che i contenuti contrastino con le convinzioni religiose e filosofiche dei genitori".

La Giunta si attivi, invita Foti, affinchè l’azione educativa della scuola sia ispirata a due principi: "Quello di sussidiarietà, per cui il diritto-dovere dei genitori di educare è insostituibile e va sostenuto dallo Stato", e quello "di subordinazione, per cui l’intervento della scuola deve essere soggetto al controllo da parte dei genitori".

Altre richieste contenute nella risoluzione: che sia oggetto di studio la ragione per cui la nostra Costituzione, all’articolo 29, privilegia la famiglia come “società naturale fondata sul matrimonio”, a cui riconosce speciali diritti, diversamente da ogni altro tipo di unione, e che "si educhi a riconoscere il valore della differenza sessuale e della complementarietà biologica, funzionale, psicologica e sociale che ne consegue".

Oggi più che mai, evidenzia Foti, ci troviamo di fronte "a un’emergenza educativa, in particolare sul fronte dell’educazione all’affettività, che, in alcuni casi è diventata sinonimo di educazione alla genitalità, priva di riferimenti etici e morali, discriminante per la famiglia composta da un uomo e da una donna, e che induce una sessualizzazione precoce dei ragazzi". Il consigliere stigmatizza anche il fatto che “errate convinzioni vorrebbero equiparare ogni forma di unione e di famiglia e giustificare e normalizzare qualsiasi comportamento sessuale”. Sovente questi progetti educativi, sottolinea Foti, sono stati redatti "con la collaborazione esclusiva di associazioni Lgbt", in assenza di un adeguato coinvolgimento di associazioni e enti rappresentativi dei genitori e quindi, sia per modalità che per contenuti, elaborati e diffusi in palese violazione delle norme", così come si è verificato nel caso dei libretti intitolati “Educare alla diversità a scuola”, dove “la famiglia composta da una donna e da un uomo è vista come uno stereotipo da superare e l’omofobo è identificato in base al grado di religiosità”. In alcuni casi, stigmatizza infine il consigliere, "si è arrivati alla deriva dell’ideologia di gender", ma “riconoscere la diversità tra uomini e donne non significa discriminare, il principio di eguaglianza non nega l’esistenza delle differenze, non le azzera, ma le accoglie e le valorizza”.