“Era impossibile non volergli bene”, a Borgotrebbia l’addio a Prospero Cravedi

L’ estremo saluto della città a Prospero Cravedi, l’ ultimo saluto di Piacenza a colui il quale l’ ha amata e raccontata attraverso le sue foto, scovandone angoli suggestivi e nascosti e raccontando, attraverso le immagini, la storia degli ultimi 50 anni.

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Come era ampiamente prevedibile, la piccola chiesa dei Santissimi Angeli Custodi, a Borgotrebbia, non è riuscita a contenere al suo interno tutta la gente che ha voluto rendere l’ ultimo omaggio a un uomo buono, al quale era impossibile non voler bene come ha ricordato l’ amica e collega, Maria Vittoria Gazzola, prima della cerimonia funebre. Ha ripercorso il momento in cui, in Uganda, Prospero si tolse la maglia e le diede a un bambino svestito, che continuava a tossire. “Quella immagine diventò la storia di un fumetto voluto da Don Vittorio”. Prospero era una persona che sapeva voler bene, si curava dei più giovani e di chi veniva dopo di lui. Il suo grande cuore sapeva voler bene, un bene immenso che arrivava alla venerazione – come quello verso i genitori – o quel bene che lo faceva giocare coi bambini dell’ Uganda che lo chiamavano “My friend Prospero”.

“Le sue foto erano bellissime perché erano scattate con il sentimento del bene – ricorda ancora Gazzola -, anche quelle di semplici avvenimenti, anche quelle che sembravano scattate per caso erano scattate con l’ immediatezza della sua capacità di voler bene, per mostrare la bellezza che stava nella persona, nella storia di quell’ attimo”.

Conoscerlo significava diventargli amico e volergli bene era inevitabile.

Alla fine del suo ricordo, Maria Vittoria Gazzola, cede alla commozione e lo saluta tra le lacrime: “Ciao Prospero, corri nella savana e raggiungi quel sole che mai notte oscurerà”.

Maria Vittoria ha ricordato ai nostri microfoni l’ incontro con il papa, Giovanni Paolo II, oggi Santo: Prospero, tra una domanda e l’ altra, alla fine gli chiese quando sarebbe venuto a Piacenza.

La moglie Angela, per tutta la funzione, tiene tra le mani una delle macchine fotografiche di Prospero, lo strumento di lavoro del quale era gelosissimo.

Adesso le sue foto le scatta dal cielo, da una posizione privilegiata, adesso guarda dall’ alto la sua Piacenza che non gli sembrerà mai così bella.

“Lui è stato i nostri occhi – ha invece ricordato Don Cesena, parroco di Borgotrebbia, nella sua Omelia – per le foto che ha saputo scattare” ed ancora ha ricordato la sua capacità di incontrare il prossimo, di accoglierlo, senza pregiudizi, un modo di essere che al giorno d’oggi sarebbe da apprendere.

Oggi i colleghi sono tutti qui a renderti omaggio, compagno di lavoro, amico e maestro. Oggi, però, il viso di molti di noi era solcato dalle lacrime impossibili da trattenere. Ciao Prospero, ci mancherai.