“Per arrivare alla gestione dell’acqua pubblica non è stato fatto abbastanza”. A dirlo è il sindaco di Ottone, Federico Beccia, il quale all’ultima seduta di Atersir – che riunisce i 48 Comuni del territorio – si è astenuto, a differenza di tutti gli altri primi cittadini che hanno votato a favore dell’apertura della gara per l’affidamento a un terzo soggetto – quindi anche privato – del servizio idrico integrato e dei rifiuti.
Non erano mancati fischi e proteste dei comitati Acqua bene comune e Acqua pubblica Valdarda, così come delle associazioni ambientaliste, delusi per quello che hanno considerato un tradimento del Referendum, che nel 2011 portò a votare 106mila piacentini per una gestione totalmente pubblica.
“Non si è fatto abbastanza – ha premesso Beccia – per capire se si poteva arrivare ad una gestione pubblica dell’acqua. Si è iniziato da subito a cercare di creare i presupposti per una gestione mista, pubblico-privato, senza porsi la domanda: meglio pubblico o privato? Se poi pensiamo che non è stato fatto uno studio, com’era stato richiesto, non potevo esprimere un giudizio. Per me, comunque, doveva essere approfondito il discorso verso la gestione pubblica”.
La votazione in questione, durante la seduta di Atersir in Provincia, si era tenuta il 3 luglio scorso. E nonostante sia passato un mese, fa il suo effetto sentire dalle parole di un sindaco che il percorso deciso dai cittadini con un referendum non sembra proprio essere stato preso in considerazione: “Il principio era trovare la soluzione migliore affinché le persone possano utilizzare l’acqua a un costo giusto, il più basso possibile, avendo una gestione efficiente. E in questo senso, noi amministratori, abbiamo l’unico dovere di migliorare la vita dei piacentini – ha continuato il sindaco di Ottone -, per questo, pur rispettando tutte le valutazioni di altri sindaci che avevano partecipato al percorso da prima che venissi eletto, non si è seguita nemmeno l’indicazione che ci eravamo dati nella precedente seduta di Atersir, cioè di non votare per una gestione mista prima che fosse pronto uno studio che valutasse entrambe le ipotesi. Magari quella sulla gestione pubblica non avrebbe prodotto un risultato migliore rispetto a quella privata, ma la scelta doveva avvenire attraverso questi due parametri”.
Addirittura, aggiunge Beccia, “ci si è concentrati, a torto o a ragione, per creare i presupposti affinché pubblico e privato convivessero. Ma il referendum era chiaro e aveva espresso la volontà popolare verso il pubblico. Non poteva mancare totalmente”.
Il coordinatore del consiglio locale di Atersir, Giuseppe Sidoli, tra i fischi e le proteste degli attivisti per l’acqua pubblica, a margine della seduta aveva ricordato che i Comuni hanno “bilanci lacrime e sangue ai quali non si può rispondere solo ai desideri ma si deve decidere con senso di responsabilità. Nella delibera che dà il via al bando sono stati introdotti paletti precisi perché sia data agli enti locali maggiore possibilità di controllo”.
Ma la quasi unanimità al momento del voto ha deluso il sindaco “dissidente” Federico Beccia: “Sono stato amareggiato da altri primi cittadini, che avevano evidenziato nel tempo l’utilità dell’acqua pubblica. Il giorno in cui si è votato, però, non erano presenti o non avevano mandato nessun rappresentante del loro Comune. Ma se fossimo stati di più a sostenere questo progetto avremmo mosso più le acque, per rimanere in tema. Invece, purtroppo, è andata così”.