Sono da poco scoccate le 21,30 quando, finita la consueta preghiera, i fedeli escono dalla Moschea e vanno a rinfrescarsi con acqua, latte e datteri, prima di prendere posto a tavola per il primo pasto della giornata. Il rito del digiuno nel mese sacro del Ramadan, in questa afosa serata estiva, quest’anno apre le porte ai nuovi profughi e agli operatori sociali che in prima persona si stanno prodigando nella gestione dell’accoglienza. Un momento di incontro che unisce sacralità e impegno sociale, qui in via Caorsana, e che prende le mosse dal rito della sospensione quotidiana del digiuno, “iftar in arabo, mirando a rafforzare il legame tra i musulmani e la città di Piacenza.
“Ci sentiamo parte integrante di questa società civile e per questo sentiamo il dovere di avere una parte attiva in tutte quelle problematiche che concernono l’accoglienza dei nuovi profughi. Abbiamo voluto condividere con gli operatori sociali un momento particolare durante il mese sacro del Ramadan come segno di apertura, coinvolgimento e applicazione del nostro messaggio profetico e divino” – spiega il portavoce della Comunità Islamica, Yassine Baradai che aggiunge: “Nonostante gran parte dei profughi presenti a Piacenza sia di religione musulmana, il nostro centro non fa distinzioni. Noi accogliamo tutti e il nostro messaggio va nella direzione dell’inclusione”.
Tra i presenti, dicevamo, anche gli operatori sociali, come Khalid Khacif, impegnato a tempo pieno in una struttura della provincia, dove aiuta quattro ragazzi provenienti dal Gambia, occupandosi di svariate mansioni nella sua attività quotidiana, dalla fornitura di beni di prima necessità al dialogo finalizzato all’integrazione. “Mi trovo molto bene con loro, che sono ragazzi come tutti gli altri – commenta. Finora ho notato che si stanno comportando nel modo giusto, come qualsiasi cittadino desiderato dalla società”. Tutto tranquillo, per il momento, anche per quanto riguarda il rapporto con la cittadinanza: “Abbiamo conosciuto alcuni vicini dell’appartamento in cui si trovano questi ragazzi e abbiamo creato un rapporto basato sul rispetto reciproco. Il mio lavoro è dare sostanza culturale e muovere un passo deciso verso l’integrazione di questi ragazzi nella realtà sociale di una piccola comunità della provincia”.
Per quanto riguarda i – tanti – nuovi migranti presenti, quasi tutti giovani sotto i trent'anni, a dominare è l'atmosfera di silenzio e pacatezza che li accompagna. Qualcosa di molto diverso rispetto all'esuberanza e alla frenesia che spesso accompagna quest'età.