Cucina e identità culturali, grazie a Il Mulo l’integrazione è in tavola

 Il cibo è un elemento di identità culturale. E come tale può essere in grado, non solo di mantenere vivo un patrimonio di conoscenza che rischierebbe di andare penduto, ma anche di aiutare – con l’ibridazione – a rinnovare tradizioni ormai dimenticate. Lo sanno bene i ragazzi del collettivo “Il Mulo”, neonato gruppo di giovani che a Piacenza, grazie alla cucina, sta ottenendo risultati sorprendenti. 
Formato da piacentini, ma anche da afghani, pakistani, messicani, colombiani, senegalesi e chi più ne ha più ne metta, ha avviato da qualche tempo una serie di laboratori per far conoscere i piatti tipici di ogni paese e, perché no, aiutare l’integrazione tra persone così diverse. 
La nostra città, insomma, si scopre multiculturale spadellando in cucina. Un progetto che, dopo alcuni appuntamenti un po’ “carbonari”, si sta facendo conoscere sempre più e ha un calendario, in vista dell’estate, davvero ricco. 
Una delle fondatrici di questo collettivo multicolor è la piacentina Daniela Bruschi, che abbiamo incontrato a margine di uno di questi partecipati laboratori: “E’ stato un inizio tra amici, spontaneo. E dalla voglia di parlare di cultura per unire le persone, con semplicità, siamo partiti. Sempre utilizzando prodotti del territorio, una delle forme di comunanza più dirette, per far emergere una ricchezza che è presente a Piacenza, soprattutto in cucina. Per cui, perché non condividere questo aspetto così affascinante?”. 

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Altra colonna del collettivo “Il Mulo” è Josephine Diouf, senegalese di origine ma da tempo in Italia: “Da subito mi sono integrata in questo progetto, e abbiamo provato ad avviarlo per la passione per la cucina e la voglia di voler unire le nostre esperienze diverse. Eravamo legati da un rapporto di amicizia e in seguito abbiamo pensato di poterlo condivide con chiunque avesse voglia di imparare nuovi piatti. La cucina – ha spiegato – è uno degli aspetti più semplici per unire le persone, anche le più diverse. Piacenza, è vero, è una città un po’ chiusa. Ma non per colpa del razzismo, forse più per il fatto che c’è poca fiducia nel sostenere nuove idee, come per esempio la nostra”. 

Protagonista dell’ultima sessione di lezioni, è stata invece Sara Torres Araujo, che ha stupito i presenti con ricette messicane davvero accattivanti: “E’ stata una sorpresa conoscere persone che avevano in mente di organizzare un gruppo con elementi da diversi posti del mondo, sia per cucinare che per stare insieme e conoscersi. In questo modo ci riuniamo come cittadini, ed è molto bello perché troviamo gente aperta a provare nuove esperienze. All’inizio pensavamo che ci potessero essere delle resistenze, invece la gente pulisce anche il piatto. Credo che i piacentini siamo gente che può dare tanto amore, anche se sembrano chiusi, ma quando ti conoscono ti aprono il loro cuore e le loro case”. 

Come detto, il collettivo è però formato da ragazzi che vengono da tutto il mondo, grazie al sostegno del Progetto Policoro Piacenza-Bobbio, e che è possibile contattare via Facebook all'omonima pagina. Oltre ai sopracitati Daniela, Josephine e Sara, si impegnano in questa cucina itinerante anche Hortance Wade dal Senegal, Ozra Sajad dall’Iran, Saddam Zafar dal Pakistan, Ghulam Raza Ramazani dall’Afghanistan e il piacentino Alessandro Chiodaroli, che è anche produttore diretto di cibi biologici.