Fenomeni di corruzione, appalti truccati, arresti e (presunti) ritardi nei lavori. Dietro l’organizzazione di Expo c’è una storia sommersa che i giornalisti Gianni Barbacetto e Marco Maroni del Fatto Quotidiano raccontano nel loro libro “Il grande ballo di Expo” edito da Chiare Lettere e presentato oggi pomeriggio alla libreria Farenheit 451.
“Il problema principale dal 2008 al 2015 e’ quello della cattiva normalità italiana quando si ha a che fare con grandi opere- spiega Barbacetto. Una normalità che colpisce meno della ruberia macroscopica ma è altrettanto significativa. E poi c’è il peccato originale: per la prima volta si è scelto di fare l’esposizione su terreni privati e non pubblici per cui Comune di Milano e Regione Lombardia si sono indebitate con le banche per 160 milioni di euro per acquisire i terreni agricoli su cui sorgono i padiglioni. Terreni che, dopo anni di lavori, si e’ cercato di rivendere a una base d’asta di 314 milioni, asta andata però deserta. Si parla di tante destinazioni d’uso per quell’area dopo i sei mesi di Expo, dalla città studi alla Sylicon Valley italiana, tutte belle idee ma che richiedono molto soldi per essere realizzate. Che fine farà quindi quell’area da un milione e cento metri quadri che nemmeno un esercito riuscirebbe a presidiare?”
Presentata come volano di ripresa economica non solo per Milano ma per tutta l’Italia, per l’Expo si sono attrezzate anche le città limitrofe come Piacenza le cui istituzioni politiche ed economiche si sono attivate per la predisposizione di Piazzetta Piacenza, uno spazio espositivo di 78 metri quadri al costo di circa 600mila euro (100mila al mese) per tutta la durata di Expo. Eppure – continua Barbacetto – Expo appare oggi una promessa tradita: “Si parlava di 200mila nuovi posti di lavoro, ora siamo a 70mila. Lo sviluppo economico promesso da Expo non lo abbiamo ancora visto. Ma sul che cosa sarà dopo e’ necessario porre il punto di domanda”.
Uno dei aspetti più tristi di Expo – aggiunge Maroni – e’ quello della strumentalizzazione del tema, la nutrizione. Il 40% del cibo che produciamo viene sprecato, 800 milioni di persone soffrono di denutrizione e altri due miliardi di malattie connesse all’iper-alimentazione. E noi ci troviamo di fronte a un’esposizione che, nata come vetrina dello slow food, si sta trasformando in vetrina per i grandi colossi come Coca Cola, McDonald ecc… Senza dimenticare il caso eccezionale di Eataly, la cui assegnazione diretta, senza gara, di uno spazio di 80mila metri quadri continua a far discutere. Anche il presidente della autorità nazionale anticorruzione Raffaele Cantone che ha espresso riserve sulle modalità con cui e’ stato affidato a Eataly questo spazio, ma ormai era troppo tardi”.