Strage, il pm Fontana fu collega di Ciampi: “Brutto clima, toghe svalutate”

La strage al tribunale di Milano provoca sconcerto anche tra le toghe e gli avvocati piacentini. Stamattina (9 aprile) nei dintorni del tribunale piacentino e della procura non si parlava d'altro. Incredulità e stupore per un gesto che ha del clamoroso e che, con ogni probabilità, porterà a nuove misure sulla sicurezza nei tribunali italiani. Tra le vittime della strage anche il giudice fallimentare Fernando Ciampi. Per sei anni, dal 2007 al 2013, il sostituto procuratore piacentino Roberto Fontana è stato suo collega alla sezione fallimentare del tribunale meneghino. "Con Ciampi abbiamo lavorato fianco a fianco per anni – commenta Fontana, che è anche presidente della sezione dell'Anm di Piacenza – ed è chiaro che la notizia della sparatoria lascia me e tutti noi a bocca aperta. Conosco bene l'ambiente del tribunale milanese e quanto accaduto pone ancora una volta l'accento su un ovvio problema di sicurezza generale nei tribunali". Fontana continua il ragionamento: "Se un imputato riesce ad entrare in un tribunale armato di pistola, a compiere un attentato, a cambiare piano e a sparare ancora, è evidente come ci sia un gravissimo problema di sicurezza. Del resto altre sparatorie sono avvenute negli ultimi anni nei tribunali di Reggio Emilia, di Varese. E anche qui a Piacenza un anno fa si ricorda un episodio grave (l'imputato che prese a martellate l'ex moglie, ndr) avvenuto nei corridoi di Palazzo Landi".
La riflessione del magistrato si allarga: "Episodi come quello avvenuto a Milano vanno collocati nel clima generale che si è creato intorno alla magistratura a causa di una continua campagna di delegittimazione che si fonda su una estrema superficialità. Certamente non c'è la volontà di far passare tutti i magistrati come santi, ci mancherebbe, ma non possono nemmeno diventare il capro espiatorio dei mali della giustizia italiana. Questa campagna di delegittimazione, cui contribuiscono in un certo modo anche certi talk show televisivi, alimenta tra la gente un sentimento di sfiducia nei confronti dei giudici. E questo, purtroppo, in casi di persone labili, rischia di portare a identificare il magistrato come il bersaglio da colpire e, dunque, a conseguenze gravi ed estreme come quelle che ci troviamo a commentare".

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