Strage in Tribunale, il testimone: “Spari a due passi da me”. Falla sicurezza

Da un lato è facile sparare a zero sui controlli e su chi ne è responsabile: c’è sempre qualcosa che non va, sempre qualcosa di cui potersi lamentare. Ma è drammaticamente evidentemente quanto sia altrettanto facile sparare sul serio, con una pistola vera, e uccidere proprio nel luogo in cui dovrebbero essere giudicati e puniti gli uccisori. La strage di Milano segnerà un punto di svolta in tema di sicurezza nei palazzi di giustizia, questo è certo. Intanto arrivano le ricostruzioni, le testimonianze, le foto, i video. Immagini impressionanti che sembrano spedite da Bagdad e che invece arrivano dalla capitale economica d’Italia, dalla Milano che tra una manciata di giorni ospiterà l’Expo mondiale.

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Il bilancio in effetti è da zona di guerra: quattro morti, tra cui il giudice fallimentare Fernando Ciampi della decima sezione civile del Tribunale di Milano. E’ proprio lui che Claudio Giardiello, 57 anni, voleva ammazzare. Imputato per bancarotta, si era presentato questa mattina in Tribunale vestito di tutto punto, giacca e cravatta, ma già armato di pistola. La premeditazione pare fin troppo chiara. Ucciso anche il giovane avvocato Lorenzo Alberto Claris Appiani, 37 anni, che proprio questa mattina aveva deciso di rinunciare alla difesa di Giardiello. Una goccia che ha fatto traboccare il vaso di follia di quest’uomo disperato e violento. Dopo le prime voci che lo davano ancora barricato nel palazzo di giustizia, è notizia di poco fa che l’omicida è stato arrestato dai carabinieri a Vimercate dov’era arrivato in moto. Morte anche altre due persone che si trovavano lì per puro caso.

Le testimonianze che stanno riempiendo la rete sono tantissime, la gran parte delle quali sono di persone intervistate fuori dal Tribunale, testimoni del caos che è seguito alla strage. Noi di Piacenza24 abbiamo raggiunto al telefono l’avvocato Michele Imbornone dello studio Spolidoro di Milano che si trovava proprio al secondo piano del Palazzo di giustizia, ovvero dove sono stati esplosi i colpi di pistola. E’ da poco rientrato in ufficio quando ci risponde al telefono.

“Ero appena passato di fronte alla stanza dove tiene le udienze il dottor Ciampi – racconta – quando alle mie spalle ho sentito due colpi di arma da fuoco. Mi sono voltato e ho visto gente scappare, ho visto un cancelliere in lacrime che gridava di aver appena visto sparare al giudice. A quel punto, su suggerimento della polizia giudiziaria che nel frattempo arrivava da ogni parte, ci siamo barricati nella stanza di un altro giudice della stessa sezione e abbiamo atteso che ci evacuassero”.

Una situazione quasi surreale, dunque. E mettendo da parte per un attimo il dolore e il cordoglio per le vittime, non si riesce a non riflettere sulla sicurezza di un luogo che più di ogni altro dovrebbe garantirla. I controlli, per chi tenta di entrare nel Tribunale di Milano, dovrebbero essere rigidissimi. “Sono tutt’altro che rigidissimi – afferma senza pensarci troppo l’avvocato Imbornone – Avvocati e operatori esibiscono tesserini a volte anche in modo molto rapido davanti agli occhi delle guardie private che vigilano i quattro ingressi del Tribunale. E’ davvero terribile ma tutt’altro che incredibile ciò che è accaduto, purtroppo”.

Un tesserino esibito in fretta e furia, dunque, magari da uomo distinto, in giacca e cravatta, in modo da far credere alle guardie di avere a che fare con qualcuno dell’ambiente, qualcuno che conta. I fatti di oggi dimostrano che qualcosa deve cambiare. E questo di Milano non è un caso isolato. Basti ricordare quello che è avvenuto a Piacenza il 27 maggio dello scorso anno: Giovanni Melchiorre, foggiano di 61 anni, si era presentato all’udienza di separazione dalla moglie con uno zainetto nero al cui interno c’era un martello con il quale, proprio di fronte alla stanza del giudice, ha colpito alla testa l’ormai ex consorte. Per puro miracolo non l’ha uccisa, fisicamente bloccato da un paio di avvocati e poi dai carabinieri intervenuti di lì a poco. La donna sta bene e l’uomo è in carcere. Un episodio gravissimo che aveva dato una spinta decisiva all’installazione dei tornelli all’ingresso del tribunale piacentino, sino a quel momento accessibile semplicemente varcando un portone.