Nell'ambito della Stagione Ricorrenze in Musica – Concerti aperti alla città, domenica 29 marzo alle 17, in occasione delle festività pasquali, alla Sala dei Teatini si terrà il concerto dell'Ensemble '900 Musica di Piacenza diretto da Camillo Mozzoni impegnato nell'esecuzione dello Stabat Mater di Antonio Vivaldi e dello Stabat Mater di Arvo Pärt. Solisti il soprano Giovanna Beretta, il Contralto Anna Maria Chiuri e il tenore Dino di Domenico.
Una scelta quasi obbligata quella di proporre due diverse interpretazioni dello Stabat Mater che ben si adatta al mood dell'evento celebrato dal concerto.
L'opera di Vivaldi è certamente tra le sue composizioni più durevolmente popolari. Il testo – di paternità incerta, comunemente attribuito a Jacopone da Todi (morto nel 1306) anche se qualche indizio lo farebbe assegnare a Papa Innocenzo III (morto nel 1216) – fu utilizzato solo in parte dal compositore italiano : questa scelta identifica quindi il lavoro, in relazione al suo uso liturgico, come Inno per i Vespri. Per molto tempo e sicuramente a partire dalla sua prima esecuzione in tempi moderni avvenuta nel 1939 all’Accademia Chigiana di Siena sotto la direzione di Alfredo Casella si immaginò che la composizione fosse stata scritta per l’Ospedale della Pietà, l’istituzione veneziana per trovatelli nella quale il compositore operò per molti anni e quindi naturalmente pensata per un contralto donna. Recenti ricerche musicologiche hanno però dimostrato che la sua destinazione originale non fu Venezia bensì Brescia (città natale del padre di Vivaldi, Giovanni Battista) e più precisamente la chiesa di Santa Maria della Pace, dove venne eseguita per la prima volta il 18 marzo 1712 utilizzando certamente uno dei castrati assunti stabilmente presso la chiesa.
Lo Stabat Mater del compositore estone Arvo Pärt, per trio vocale e trio d’archi terminato nel 1985, costituisce un punto di svolta nella sua produzione. All’inizio degli anni ’70, dopo aver passato decenni a scrivere in stile dodecafonico, Pärt si rende conto di non poter più proseguire su questa strada che in fondo non sente sua e cessa di comporre. Per anni si concentra solamente sullo studio dei canti gregoriani nel tentativo di sviluppare un nuovo orecchio musicale, rinunciando all’ascolto di altra musica per non esserne influenzato. Elabora in questo modo uno stile compositivo rarefatto, scarno ma di grande suggestione evocativa cui dà il nome di tintinnabuli e che appare come lo sviluppo della più antica tradizione occidentale. In questo senso la polifonia è vista come unità : come la luce si scompone attraverso un prisma, allo stesso modo le voci altro non sono che sfaccettature di una voce principale, così strettamente connesse ad essa da costituire con essa una cosa sola. Pärt è inoltre convinto che la musica risieda già nella parola e che compito del compositore sia quello di estrarla e farla vibrare: ecco quindi la scelta di un testo come quello dello Stabat dove la compresenza di un dolore smisurato assieme all’idea di un possibile conforto offre spazio alla speranza. La parola e l’individuazione del suo elemento metrico rappresentano quindi le basi sulle quali è costruito l’intero lavoro, aiutandoci a percepire, come suggerisce l’autore “una linea musicale portatrice di un’anima che rivela la gioia misteriosa, la consolazione paradossale, la certezza piena di vigore e di sfida alle cose che accadono”.