L’usura bancaria è un tema ancora poco trattato a livello nazionale, benché esistano casi emblematici di questo tipo di fenomeno. Per fare luce sulle modalità con cui, in alcuni casi, gli istituti di credito si sono approfittati del cliente, in mattinata al Best Western Park Hotel di Piacenza è stato presentato il libro “Istituti diScredito” scritto da Angelo Santoro e Biagio Riccio, edito da Interessicomuni con la prefazione di Mauro del Bue direttore di Avanti Online.
E’ qui che in mattinata, a margine dell’incontro, abbiamo raccolto la testimonianza di un imprenditore piacentino, Giovanni Pastore, vittima dell’usura delle banche: “Mi sono trovato coinvolto in questa spiacevole circostanza e per questo ho deciso di collaborare con gli autore del libro – ha premesso – perché ha il merito di aver fatto emergere il problema. Sono presenti nel volume anche un migliaio di commenti che danno uno spaccato di come dirigenti di aziende e padri di famiglia la pensano su questa piaga che affligge la nostra società”.
In pratica, ci ha spiegato, “andando ad analizzare i miei conti e sulla base della legge 108 del 1996 ho potuto verificare che era stata messa in pratica usura. Purtroppo la Banca d’Italia fiancheggia gli istituti e non i cittadini. Il risultato, nel mio caso come in quello di tanti altri, è stato che sui miei conti la banca aveva messo in pratica un reato penale, come un vero e proprio usuraio”.
Un fenomeno che, a quanto pare, è più diffuso di quanto si creda e influisce sull’economia in maniera determinante: “Non è facile fare l’imprenditore, lo ammetto, rispetto ai colleghi europei – ha continuato a sfogarsi Pastore -, ho dovuto portare avanti diverse cause e alcune banche hanno deciso di avviare una transazione per risarcirmi. Con altre siamo ancora per carte bollate”. Insomma, ha concluso, “non è che non ci si possa fidare delle banche, ma purtroppo per varie ragioni spiegate nel libro alle banche italiane è concesso imporre delle condizioni, delle clausole e dei tassi che possono risultare usurari, mentre in Eurpa no”.
“Istituti diScredito” – Come già si evince dal sottotitolo “banche, centrale rischi e usura: la bancocrazia che produce crisi e briganti” il libro non vuole mettere il dito sulla piaga delle banche in generale ma contro coloro che usano le banche contro gli interessi dei cittadini.
Lo stesso Angelo Santoro si è già incontrato con Nencini per suggerire alcune importanti modifiche sull’attuale legge in vigore. Quella di oggi a Piacenza è stata la prima tappa della presentazione ufficiale del libro che non a caso è voluto partire proprio dalla città emiliana perché fra gli oltre 1000 e più casi emblematici di bancocrazia raccolti nel testo, spicca il famoso caso dell’azienda Mandelli.
Il caso Mandelli, articolo di Angelo Santoro e Franco Benaglia
Mandelli alla Corte Europea, ora BNL di Abete che fa?
“Ricorderete che mi sono già occupato nell’Agosto del 2014 della amara e allucinante vicenda della Mandelli di Piacenza, meglio raccontata nell’articolo “l’ergastolo finanziario”.
In questi mesi ho avuto la prova che molti lettori dello scritto, i quali si sono attivati inserendo numerosissimi commenti a questa storia pubblicata dall’Avanti online, ne avevano ancora memoria al punto di intervenire nei dibattici pubblici che hanno seguito l’uscita del mio libro “Istituti diScredito”. Ne erano ancora sconcertati!
Come già ho avuto modo di spiegare, la Mandelli era una holding che raccoglieva oltre 44 aziende operanti nel settore strategico ed all’avanguardia della meccatronica. Termine coniato dagli stessi fondatori della Azienda, loro ne furono i pionieri nel mondo! Infatti, la meccatronica unisce la tradizionale meccanica alla intelligenza artificiale dei computer e dei robots.
Negli anni ’90 il gruppo piacentino, quotato alla Borsa di Milano, entra in crisi ed arriva all’amministrazione straordinaria.
Seguono da subito due filoni giudiziari per i suoi titolari, uno penale ed uno civile. Quello civile vede ancora oggi, come già scrissi, i fratelli Mandelli superstiti, le loro famiglie, e anche i loro nipoti, lottare contro un pool di banche capitanate dalla BNL di Luigi Abete, per addivenire ad una pax tanto desiderata quanto auspicabile. Ventuno anni di battaglie giudiziarie devono trovare il loro epilogo.
Il filone penale, invece, si è diramato da subito in 44 procedimenti giudiziari, tanti quanti erano le società coinvolte dal crack del gruppo meccatronico. I reati contestati alle Aziende del Gruppo Mandelli, si sono nel tempo raggruppati in due filoni di inchiesta. In entrambi i casi, dopo tre gradi di giudizio, come previsto dal nostro Ordinamento, i fratelli Sante ed Umberto Mandelli sono stati condannati. Ormai ottantenni non hanno diritto alla pensione perché privati dei loro diritti, compreso quello di avere un’entrata economica che gli consenta di sopravvivere. I vari procedimenti giudiziari, però, hanno alla fine dimostrato che non erano colpevoli di bancarotta. Ci mancherebbe altro, visto che l’azienda era l’orgoglio e la storia della loro vita. Lasciatemi usare la terminologia che mi è più facile per spiegare di cosa sono stati puniti: condannati per incauti utilizzi dei capitali aziendali usati per investimenti in altre aziende del comparto metalmeccanico. Una tortura materiale e mediatica per punirli della cosa che avevano più caro al mondo, la crescita della loro fabbrica!
Ma la cosa che mi ha fatto riparlare dei Mandelli, è che da emiliani un po’ “testardi”, se pur feriti nell’orgoglio non si sono dati per vinti, ma hanno deciso di ricorrere alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo, contro la sentenza ingiusta che li ha visti soccombere. Oggi, dopo quasi sei anni d’indagini, l’invocata Corte Europea ha deciso di accettare la loro vertenza e di procedere verso l’ammissibilità del ricorso. Questa decisione per i Mandelli è di importanza vitale, come fosse un farmaco salvavita. La decisione della Corte permetterà loro di dimostrare ai figli e nipoti che, come hanno sempre dichiarato in questi anni, erano e sono incolpevoli dei reati per cui sono stati condannati. Questo dimostrerà anche ai famigliari l’involontarietà di quanto il destino ha riservato alla progenie. Ed è quindi evidente che pure lo scontro con la Banca Nazionale del Lavoro di Luigi Abete, assume risvolti inediti”.