Quello che sta avanzando e che ormai si trova a pochi chilometri da noi è qualcosa di ben più grave di una dittatura o un gruppo di terroristi pronti a far saltare le nostre città. E’ un vero e proprio totalitarismo. Parola di Domenico Quirico, nel pomeriggio ospite a palazzo Gotico a Piacenza (lunedì 10 marzo) per presentare il suo ultimo libro “Il grande Califfato”, nato dopo innumerevoli reportage nel mondo arabo e in giro per i teatri più caldi del Nordafrica ma, soprattutto, a seguito dell’esperienza del rapimento in Siria da parte di militanti di Jabhat al-Nusra, una delle tante teste dell’idra di al-Qaida. Presente ad ascoltarlo, anche Marco Vallisa, il tecnico piacentino di Cadeo che, come Quirico, ha vissuto la terribile esperienza del rapimento, in Libia, per ben cinque mesi.
Oltre 150 giorni nelle mani di fondamentalisti islamici per Quirico, che, oltre ad averlo fatto riflettere sul suo mestiere di giornalista, lo hanno portato ad avere le idee più chiare rispetto al fenomeno Isis, l’autoproclamato stato islamico che sta velocemente conquistando territori e minacciando l’Occidente. “Dove vuole arrivare? L’espansione è già tracciata nella storia, dal grande Califfato del sesto-settimo secolo. A quello vogliono arrivare, poi è un altro discorso che ci riescano” ha esordito
l’inviato di guerra. “L’esperienza in mano loro non mi fa parlare di paura. Diciamo che chi ha incontrato un jihadista, circostanza non comune, comprende la loro ossessione di realizzare un sogno, guerra e preghiera sono elementi che scandiscono la loro vita. Si può parlare di un nuovo tipo umano, antropologicamente diverso da noi e dai passati fondamentalismi”.
Ma, così come gli jihadisti sono uomini pronti a tutto per realizzare il loro obiettivo – ha precisato Quirico nel dialogo con il sindaco Paolo Dosi – un atto terroristico “è sicuramente uno degli strumenti tattici del Califfato ma assai meno radicato rispetto a quanto lo fosse per al-Qaida. Il Califfano occupa territori, persegue guerre tradizionali, non credo che stiano tutto il tempo a pianificare come mettere bombe nelle città. Il rischio terrorismo, in questo senso, è stato esagerato”.
L’espansione dell’Isis, comunque, dopo la sua liberazione è stato altrettanto sottovalutato. Visto che lui stesso, nei suoi articoli, ne aveva parlato chiaramente: “Non abbiamo capito che stava nascendo qualcosa di nuovo. E’ un totalitarismo, molto più complesso di una dittatura, che tra l’altro quei territori hanno già conosciuto. La pericolosità di quello che sta accadendo è il totalitarismo, e per liberarcene, anche in Europa, abbiamo compiuto in passato sforzi enormi e rischi incredeibili per le stesse democrazie”.
Domenico Quirico è giornalista de La Stampa, responsabile degli esteri, corrispondente da Parigi e ora inviato. Ha seguito in particolare tutte le vicende africane degli ultimi vent’anni dalla Somalia al Congo, dal Ruanda alla primavera araba. Ha vinto i premi giornalistici Cutuli e Premiolino.
A dialogare con l’autore, nel corso dell’appuntamento promosso dal Comune di Piacenza, il sindaco Paolo Dosi, il quale ha affermato: “La presenza di questo grande inviato rappresenta una grande opportunità formativa per i nostri giovani che hanno bisogno di comprendere le dinamiche che sottendono i fatti tristemente noti della cronaca. La riflessione può contribuire a trovare una chiave di lettura realistica della complessità del momento storico che stiamo vivendo”.
Il grande Califfato – Il giorno in cui, per la prima volta, parlarono a Domenico Quirico del califfato fu un pomeriggio, un pomeriggio di battaglia ad al-Quesser, in Siria. Domenico Quirico era prigioniero degli uomini di Jabhat al-Nusra, al-Qaida in terra siriana. Abu Omar, il capo del drappello jihadista, fu categorico: “Costruiremo, sia grazia a Dio Grande Misericordioso, il califfato di Siria… Ma il nostro compito è solo all’inizio… Alla fine il Grande Califfato rinascerà, da al-Andalus fino all’Asia”.
Tornato in Italia, Quirico rivelò ciò che anche altri comandanti delle formazioni islamiste gli avevano ribadito: il Grande Califfato non era affatto un velleitario sogno jihadista, ma un preciso progetto strategico cui attenersi e collegare i piani di battaglia. Non vi fu alcuna eco a queste rivelazioni. Molti polemizzarono sgarbatamente: erano sciocchezze di qualche emiro di paese, suvvia il califfato, roba di secoli fa.
Nel giro di qualche mese tutto è cambiato, e il Grande Califfato è ora una realtà politica e militare con cui i governi e i popoli di tutto il mondo sono drammaticamente costretti a misurarsi.
Questo libro non è un trattato sull’Islam, poiché si tiene opportunamente lontano da dispute ed esegesi religiose. È soltanto un viaggio, un viaggio vero, con città, villaggi, strade e deserti, nei luoghi del Grande Califfato. Parte da Istanbul e si conclude in Nigeria, fa tappa a Groznyj in Cecenia e nelle pianure di Francia, nel Sahel e in Somalia. Parla di uomini, delle loro storie, delle loro azioni e omissioni. Mostra come al-Dawla, lo stato islamista, esista già, poiché milioni di uomini ogni giorno gli rendono obbedienza, applicano e subiscono le sue regole implacabili, pregano nelle moschee secondo riti rigidamente ortodossi, vivono e muoiono invocandone la benedizione o maledicendone la ferocia.
Nondimeno, come Christopher Isherwood approdato nel 1930 a Berlino, con la sua potente narrazione, Domenico Quirico diventa, in queste pagine, “una macchina fotografica” con l’obiettivo così aperto sulla cruda realtà della nostra epoca, che ne svela il cuore di tenebra meglio di mille trattati e saggi.
“Ho superato, nel momento in cui sono stato catturato, una frontiera fatale, sono entrato, me ne accorgo vivendo con loro, nel cuore di tenebra di una nuova fase storica, di un nuovo groviglio avvelenato dell’uomo e del secolo che nasce: il totalitarismo islamista globale” ha detto l’autore.