Venerdì 27 febbraio alle ore 21.00 al Teatro Trieste 34, nell'ambito della rassegna Teatro a Km Ø, Marco Bosonetto presenterà il suo monologo "Ci vuole un fiore". Omaggio a un disco culto degli anni Settanta e una riflessione ironica sulla mutazione culturale italiana attraverso le canzoni per bambini (da Gianni Rodari a Pippo Franco) e sul rapporto idolatrico dei genitori tardivi del XXI secolo con i propri figli.
Nello spettacolo si alternano brani di narrazione a canzoni, tratte prevalentemente dall'album Ci vuole un fiore di Rodari-Endrigo-Bacalov, più un paio di chicche trash (Mi scappa la pipì, Il coccodrillo come fa).
Accompagnano Bosonetto (voce e flauto), Davide Cignatta (chitarra e voce) e Paolo Cignatta (basso, ukulele, melodica).
“Mi scappa la pipì è pura avanguardia. Arte per l'arte. Non pretende di dire niente. E infatti non dice niente. Dice Mi scappa la pipì, 37 volte, per la precisione. D'altronde, quando c'è un… sentimento chiaro da esprimere, perché non ripeterlo. L'arte popolare è intrinsecamente ripetitiva. E con Mi scappa la pipì l'arte popolare torna alle origini, senza inutili intellettualismi. Senza orpelli, senza aggettivi. Senza avverbi. Non mi scappa la pipì intensamente, o mi scappa la pipì gialla. Perché? Sarebbe inutile, sarebbe pleonastico, sarebbe snob. Mi scappa la pipì invece rivaluta le deiezioni, il basso, il ventre, il bassoventre, la vescica. Perché nelle canzoni per bambini non si dovrebbe parlare della vescica? È censura, è moralismo, è bigottismo catto-marxiano. Ecco. Mi scappa la pipì, invece, è un inno interclassista. Mi scappa la pipì la capiscono tutti. Anche gli analfabeti, anche i sordi. Si può mimare. Provate a mimare Ci vuole un fiore! Mi scappa la pipì è un inno alla libertà. Un inno all'ignoranza. Un inno alla libertà nell'ignoranza!”
“La canzone Le parole era preceduta da una specie di introduzione parlata in cui una voce da tipica insegnante pre-hippy diceva: Compito. Per domani scriverete, 10 nomi comuni, 10 nomi propri, 10 nomi collettivi […] 10 nomi difettivi, 10 nomi indeclinabili, 10 sovrabbondanti, 10 arcaismi, 10 neologismi, 10 barbarismi, 10 cataclismi… E poi partiva la canzone vera e propria. L'insegnante pre-hippy era messa un po' alla berlina, ma la conoscenza no. Anzi. Proprio dal contrasto fra le parole rinsecchite a colpi di definizioni e quelle che fiorivano dalla ricerca corale – andiamo a cercare insieme le parole per pensare – nasceva il desiderio, almeno in me è nato sicuramente il desiderio, di saperle tutte, le parole, ma proprio tutte, anche gli arcaismi, i neologismi e i barbarismi, erano lì apposta, in fondo, per farci venire la curiosità di sapere cosa significavano, e poi c'era quell'ultima parola alla fine dell'elenco, pronunciata di corsa, cataclismi, sconnessa dalle precedenti, che faceva volare le parole tutte insieme in cielo e poi piovere sulle cose a illuminarle. E poi c'erano le maestre post-hippy che mantenevano esattamente questa promessa: il sapere come un cataclisma allegro che rendeva il mondo più interessante. E il progresso, il mondo in costante miglioramento, era facile da riconoscere, bastava ascoltare la voce della maestra pre-hippy e poi andare a scuola dalle nostre maestre post-hippy. Il mondo era in costante miglioramento.”
Marco Bosonetto (Cuneo, 1970) ha pubblicato quattro romanzi, una raccolta di racconti e un libro per bambini: Il Sottolineatore Solitario (Einaudi 1998), Nonno Rosenstein nega tutto (Baldini & Castoldi 2000), Morte di un diciottenne perplesso (Baldini Castoldi Dalai 2003), Requiem per un'adolescenza prolungata (Meridiano Zero 2008), Nel grande show della democrazia (Laurana 2010), Uffa, cambio genitori! (Einaudi Ragazzi 2011).
Per il cinema ha scritto la sceneggiatura (tratta da un suo racconto) di Due vite per caso del regista Alessandro Aronadio, unico film italiano in concorso al Festival del Cinema di Berlino nel 2010.
Per il teatro, oltre ad adattare il suo Nonno Rosenstein nega tutto e Donnarumma all'assalto di Ottiero Ottieri, ha scritto per la compagnia valdostana Sinequanon Quanto sa di sale (in scena nel 2007) e il plurimpremiato Mucche ballerine (un monologo in cui una mucca combattente, una reine dei pascoli alpini, interpretata da Alessandra Celesia, racconta la Resistenza da un punto di vista inusuale), in scena dal 2005 con oltre cento repliche, pubblicato anche in francese e presentato al festival di Avignone nel 2008 come La ballade des vaches guerrières).