Expo, Schiavi: “Vergognoso non avere fermate dell’alta velocità a Piacenza”

 In un periodo caratterizzato dalle tante, troppe, brutte notizie, c’è sempre più bisogno di qualcuno che ci ricordi come, per la maggior parte del nostro tempo, siamo anche immersi all’interno di tante, trascurate, buone notizie. A farsi carico di questo gravoso compito, cercando di ridare fiducia a un paese ormai allo stremo, il vice direttore del Corriere della Sera, il piacentino Giangiacomo Schiavi. Sarà infatti presente domani in città, sabato 21 febbraio, per presentare il suo ultimo libro, che si intitola, appunto, ”Buone notizie. Storie di un’Italia controcorrente nelle pagine del Corriere della Sera”. In vista dell’appuntamento, previsto per le 18 nella sede degli Amici dell’Arte di via San Siro, lo abbiamo contattato per avere qualche anticipazione ma, naturalmente, anche un commento sul periodo nero che sta attraversando Piacenza. E come al solito Schiavi, oltre ad aver confessato che nel libro non mancano “casi” piacentini di buone notizie, ha analizzato lucidamente la situazione del nostro territorio.

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“Buone notizie. Storie di un’Italia controcorrente nelle pagine del Corriere della Sera”. Non solo storie ma anche un atteggiamento controcorrente il suo, visto che l’informazione di solito è portata a scrivere principalmente le notizie negative. Come mai questa scelta? 

“E’ vero, di solito parliamo del male. In realtà , semplicemente, in un situazione in cui la normalità è data dal male le buone notizie diventano un’eccezione e quindi notizie. E soprattutto il mio è un invito ai giornalisti, affinché cerchino fuori dai canali ufficiali le notizie che possono interessare le persone. Buone notizie è una provocazione, per spingerli a uscire dal recinto dei luoghi comuni e sopratutto dalle fonti istituzionali. E andare a cercare nei territori, nelle strade, in mezzo alla gente, in quell’Italia che spesso non appare nelle cronache dei giornali”. 

A Piacenza, però, nell’ultimo periodo le notizie positive sembrano scarseggiare. Dal fallimento della Rdb, alla cessata attività dell’hotel Roma passando attraverso centinaia di chiusure di attività minori ma che erano punto di riferimento di molti. Senza dimenticare il sequestroieri dell’ospedale di Fiorenzuola. Cosa pensa quando le sono arrivate notizie del genere dal Piacentino? 

“Piacenza ha preso delle mazzate notevoli, soprattutto ha perso capisaldi e riferimenti molto importanti. Ha le forze per reagire ma bisogna fare gioco di squadra, per trovare insieme la spinta per rialzarsi. Noi giornalisti siamo raccontatori di storie, raccontiamo quello che succede e accade. In un momento di crisi il nostro compito non è quello di edificare la morale ma sicuramente di far vedere quei segnali di speranza che ci sono. A Piacenza, spesso, li troviamo nel mondo del volontariato. L’invito è comunque quello di cercare di dare spazio anche a quegli aspetti della società che danno l’idea che ce la possiamo fare”. 

Altra notizia non certo positiva è quella rappresentata dall’assenza di fermate, a Piacenza e a Parma, dei treni veloci per l’Expo. Saremo tagliati fuori anche da un evento del genere?

“Direi che questa è una vergogna, accentuata dall’alta velocità. Oggi è più semplice arrivare a Milano da Bologna che non da Piacenza. L’alta velocità ha ridotto le distanze tra i grandi centri ma tagliando fuori la provincia. Ma è la provincia che ha bisogno di connessioni veloci, proprio perché le città non attraggono residenti, attraggono funzioni. Da qui la necessità di decentrare le residenze è importantissimo e Piacenza avrebbe solo da guadagnare. Bisogna insistere, perché la linea veloce o la metropolitana per Milano da Piacenza è un esigenza reale dei territori, molto di più di opere faraoniche inutili”.

Dopo tante notizie negative, sarebbe bello salutarsi con una notizia positiva. Nel suo libro è presente anche una realtà associativa che in provincia ha saputo tenere in vita un paese, è così?

“Sì, c’è una notizia positiva che riguarda questo territorio, in particolare Ziano Piacentino, dove è nata l’associazione ‘Piccoli al centro’, per merito di un medico e di una comunità che hanno saputo creare un sistema di integrazione e condivisione per i giovani che nascono e vivono in quella zona. In quel paese ha determinato un momento di speranza e rilancio per una piccola realtà. E’ in queste comunità, che innervano il nostro paese, che devono nascere sempre piùprogetti simbolici ed esemplari. Mi auguro che a Piacenza nascano tante buone notizie perché il territorio è sano, ci sono tante risorse e le necessità per i giovani di ripartire con entusiasmo”. 

 

LA STORIA A ZIANO, NEL PIACENTINO, IL SUCCESSO DELLE INIZIATIVE PER I BAMBINI.

«SONO IL FUTURO E HANNO TANTO DA DARCI»

«Piccoli al Centro» così il Paese è Rinato Un medico e i volontari fermano la fuga di giovani

Ci sono percorsi che sanno dare fiducia. Questo ha salvato un paese. Tre parole su un cartello: «Piccoli al centro». E una strada in salita che porta a un cortile, a un prato, a una casa, a un campo scuola, a una mamma, a un nonno, al medico animatore, al farmacista gentile, al prete, al bottegaio, ai volontari che si dividono i compiti e lasciano una scia luminosa di esempi. Ziano, colline piacentine, era un paese per vecchi: aria buona, vino ancora meglio, ma i giovani scappavano via. Un giorno qui hanno rivoluzionato tutto: il tran tran, l' accettazione del declino, l' idea del malinconico rifugio per pensionati al bar. Hanno preso i bambini e attorno a loro hanno ricostruito il senso della comunità. Nei paesi di collina e di montagna i giovani sono un capitale: senza di loro mancano i numeri per l' asilo, diminuiscono gli alunni nelle scuole, svanisce ogni progetto di famiglia. Finisce anche la speranza di credere al futuro. Il dottor Flavio Della Croce ha 56 anni: quando è arrivato a Ziano era fresco di laurea e si è fatto su le maniche convincendo tutti che bisognava partire dai bambini, riempire il vuoto dei pomeriggi senza scuola, cancellare la noia che i ragazzi portano in giro fino alla deriva. Pensava a Barbiana, a don Milani, alla scuola di vita che fa crescere e insegna a stare dalla parte giusta, a don Giussani e alla sua sfida educativa, e giorno dopo giorno ha costruito un laboratorio in cui la parola «io» è stata sostituita con «noi». Un po' di azionariato popolare, i primi cento tesserati, i volontari per il doposcuola, la squadretta di calcio, i tornei, i campi estivi e invernali, il tutoraggio delle vacanze, un grande e contagioso entusiasmo popolare: «Piccoli al centro» ha fermato l' emorragia di abitanti a Ziano. Se n' erano persi mille dal ' 71 all' 81; da quando c' è l' associazione il numero si è stabilizzato a quota 2.670. Negli anni Novanta c' è stato addirittura un baby boom. Oggi non va più via nessuno. «Non abbiamo fatto niente di straordinario», dice il dottor Della Croce tra una visita in ambulatorio e una corsa al Centro. «Siamo partiti da una filosofia molto semplice: ci siamo presi cura dei nostri ragazzi, abbiamo creato le condizioni per dare loro dei modelli positivi di riferimento, sacrificando un po' del nostro tempo, rinunciando a qualche evasione. Ne valeva la pena: oggi alcuni di quei bambini sono diventati educatori e "Piccoli al centro" è una realtà che va avanti in automatico, alimentata dalle tante esperienze positive che la circondano. Se vogliamo vivere meglio dobbiamo rompere la spirale di individualismo che ci assedia, dedicare ai bambini tempo e attenzione. Non possiamo trasmettere i nostri valori solo a parole, dobbiamo ispirare i nostri figli anche attraverso il comportamento». Nell' Italia traballante dello spread e della politica che pensa sempre meno alla scuola e alle famiglie con genitori che lavorano, «Piccoli al centro» è una delle tante buone notizie da far conoscere, una storia di impegno collettivo che si può replicare ovunque: mostra come un' azione di solidarietà può diventare motore di buone pratiche. «Ciascuno di noi è chiamato a fare la sua parte, a domandarsi che cosa può fare per risolvere un problema», dice il medico fondatore. I messaggi che si diffondono con lo sport («Inteso come sfida, confronto con le proprie risorse per superare le difficoltà»); le sperimentazioni positive («Bisogna viverle per diventare portatori di speranza»); il volontariato civico («È commovente l' impegno di chi ormai non ha più i suoi figli al Centro e continua a dare il proprio aiuto»), non sono un' esclusiva del piccolo comune piacentino, ma qui hanno trovato una sintesi efficace nei ragazzi. «Tra gli adulti vedo troppo disfattismo. I bambini sono il futuro e hanno tanto da darci», puntualizza il medico che non vorrebbe apparire come protagonista («Nella mia duplice veste sono ingombrante per il paese»). Quando è nato «Piccoli al centro» qualcuno ha bofonchiato: ma i nostri figli al centro non lo sono già fin troppo? Dipende. «Noi li mettiamo in mezzo perché vogliamo dar loro un ruolo, farli sentire soggetti della società. Se i ragazzi vivono con la responsabilità imparano ad avere fiducia in sé. Se vivono con la lealtà e il rispetto, imparano a scoprire se stessi. E se le cose vanno bene per loro, vanno bene per tutti». A Ziano è andata bene. Nell' Italia del disfattismo, che non trova riferimenti e appare smarrita con i giovani, ci sono mille altre storie come questa. Aiutano a sperare e ci dicono che un ideale, se si vuole, si realizza. Il modello È nato su iniziativa del medico Flavio Della Croce, 56 anni, (foto), arrivato a Ziano (Piacenza) fresco di laurea. «La filosofia è semplice – spiega – Dobbiamo dedicare ai bambini tempo e attenzione» Le attività L' idea è quella di riempire il vuoto dei pomeriggi senza scuola: con calcio, tornei, campi estivi e invernali

Schiavi Giangiacomo
(15 agosto 2012) – Corriere della Sera