Bologna sulla logistica: “La lotta di classe è finita solo per i giornalisti”

Settore della logistica sotto la lente d'ingrandimento alla Coop Infrangibile nell'incontro organizzato dal Nap questo pomeriggio che ha visto come protagonista Sergio Bologna, intellettuale di caratura mondiale con un passato come docente universitario di storia del movimento operaio.

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Nel confronto, impietoso, rispetto ad altri paesi occidentali la logistica italiana ha una sua specificità: la mancanza di investimenti in tecnologia e l'impiego di manodopera a bassissimo costo. “La differenza tra un magazzino tedesco e uno in Italia è enorme – ha esordito Bologna, compiaciuto dall'alzarsi del livello di conflittualità sociale nei magazzini del Nord Italia. Là si fanno investimenti in tecnologia avanzata e non è concepibile uno sfruttamento della forza lavoro fisica come in Italia, che ha un modello di sviluppo intermente basato sul basso costo del lavoro”.
Quello della logistica è un settore chiave del capitalismo contemporaneo, anche se sia la sinistra isituzionale che quella extraparlamentare hanno tardato a rendersene conto. “È stata una liberazione vedere come questa sezione del capitale venga investita oggi da una ventata di lotte che rivendicano una vita più dignitosa. Abbiamo lottato tanto per le otto ore di lavoro al giorno per vedere oggi tutto gettato in fumo dall'attuale mercato del lavoro. Ed è ancor più gratificante vedere come queste lotte in posti chiave della logistica riescano a inceppare certi meccanismi del capitale che rimangono vulnerabili, come quello della necessità di consegnare i prodotti entro tempi stabiliti”.
E la controffensiva culturale testimoniata da questo ciclo di lotte sta dimostrando i suoi primi effetti – ha continuato il professore: “Ad un convegno sull'argomento un manager disse pubblicamente: mi vergogno del modo in cui stiamo facendo lavorare la gente”.
Il vero punto su cui insistere, nella lettura di Bologna, è capire che l'importanza di queste lotte va ben oltre la valenza nel settore specifico andando ad incidere sullo stesso modello di sviluppo capitalistico, come testimaniato da una serie di dati, primi tra tutti quelli recentemente diffusi da MedioBanca: “Le imprese quotate in borsa in Italia usano solo il 28% per investimenti e lavoro, mentre una fetta più consistente, il 30% se ne va nella spartizione dei dividendi. É un capitalismo parassitario, compensato solo dall'esistenza delle piccole e medie imprese”.
Ma le lotte all'interno dei magazzini della logistica hanno anche un altro effetto fondamentale, quello di contribuire allo smantellamento di quella “maledetta figura del socio lavoratore all'interno delle cooperative” che nasconde una realtà ben diversa, tanto che diversi sociologi parlano a riguardo di neoschiavismo.
Per questo bisogna smettere di credere alla favola che la lotta di classe sia sparita. “La lotta di classe è finita solo nella testa dei giornalisti. Il livello di conflittualità non è mai stato così alto in questo settore, ed è il momento di ricostruire la base della protesta e generalizzarla. Solo riuscendo a far saltare il modello basato sul basso costo di lavoro, si può innescare un circolo vizioso che porti a nuovi investimenti in innovazione e più dignità sul luogo di lavoro”.