Nel giorno in cui il Consiglio comunale dà il via libera all’“acquisto” di Palazzo Farnese come primo pezzo pregiato (investiti oltre 3 milioni di euro dal Comune negli anni) che torna in mani piacentine grazie al federalismo demaniale, in aula tiene banco anche la questione tasse. A sollevarla il consigliere comunale dell’Idv Samuele Raggi che ha rimarcato come, a fronte di casse comunali sempre più povere (meno 7 milioni), occorra un ragionamento legato al necessario e doloroso ridimensionamento del welfare così come finora i piacentini lo hanno conosciuto. Discorso che si ricollega con la proposta di creazione di una commissione comunale sul welfare che finalmente – pur con i suoi tempi biblici – starebbe per salpare. Questo l’intervento in Consiglio di Raggi: “Non è vero – come si dice – che congelando i rincari delle imposte sulla casa per il 2015 il governo mette in difficoltà gli enti locali. Anzi, semplifica loro le cose. Paradossalmente risolve l'alternativa che i Comuni avevano davanti: aumentare le tasse o tagliare i servizi. Oggi resta la seconda possibilità e occorre dirlo con chiarezza ai cittadini. Infatti secondo gli ultimi emendamenti alla legge di stabilità, l'aliquota Tasi per l’anno prossimo dovrà rimanere identica a quella pagata dai contribuenti nel 2014, con la differenza che non pare prevista l'addizionale dello 0,8 per introdurre detrazioni. Lo stop agli aumenti toglie agli enti locali la possibilità di ritoccare le aliquote con legittima soddisfazione dei proprietari di case. Ma per chiudere il bilancio del 2015 alla giunta comunale mancano circa 7 milioni di euro, quasi il 7% dell’intero bilancio. Mai, prima d'ora, la città aveva dovuto far fronte a una riduzione di risorse così consistente, imputabile in primo luogo al taglio dei trasferimenti dallo Stato. Ora la partita si sposta in Parlamento, che dovrà approvare la legge di stabilità entro fine anno. Comprensibile l'obiettivo del governo Renzi, con la crisi che continua a erodere i redditi delle famiglie, di evitare altri aumenti delle imposte sugli immobili e comunque fare in modo che, se si tratta di chiedere sacrifici, siano i sindaci a metterci la faccia. Così, però, le finanze dei Comuni rischiano di finire nel caos. Tolti gli immobili, come farà la giunta a far quadrare i conti dell’anno prossimo? Dove troverà i soldi? Perché è vero – come dice l'ANCI – che “non si può continuare a scaricare sui Comuni il compito di riequilibrare i conti dello Stato”, ma intanto sono loro a dover pensare dove trovare le risorse. La città è in attesa di sapere cosa abbia escogitato l'Unità di crisi appositamente costituita anche se è lecito dubitare che sia possibile recuperare 7 milioni di euro tra le famose pieghe del bilancio. Il tempo stringe se lo si vuole approvare in un tempo utile a contenere l'esercizio provvisorio mentre altri spazi di manovra non sembrano esservi. Aumentare l'addizionale IRPEF o le tariffe dei servizi? Dalle seconde non si otterrebbe un gran gettito. Visto che le tasse sono quasi al massimo e il governo non consente di aumentarle, a meno che non si intenda intraprendere il percorso dei licenziamenti di personale (salvo poi dover assumere quello in uscita dalla Provincia), la strada è una sola: decidere dove e quanto tagliare dal welfare comunale allargato. In attesa che prenda avvio la Commissione che il Consiglio comunale si era impegnato ad istituire varrebbe la pena avviare un dibattito pubblico che coinvolga anche le parti sociali e i portatori di interesse per evitare, se possibile, che ancora una volta la mannaia debba cascare inesorabilmente sul capo dei più deboli, di chi ha meno”.
Un intervento che ha provocato la reazione del leghista Massimo Polledri: “L’amministrazione si deve prendere la responsabilità politica di dare delle risposte e di dire chiaramente in quale direzione intende andare. Con i governi di centrodestra i sindaci non si facevano remore a “riconsegnare” le chiavi allo Stato, e ora?” E così Polledri ha di fatto spinto il Partito Democratico a chiedere conto ai suoi rappresentanti nelle istituzioni. In particolare il riferimento è stato a Paola De Micheli, sottosegretario all’Economia. “Non è possibile che si disinteressino tutti. Basterebbe comunque che qualcuno andasse a citofonare a Paola” ha chiuso ironicamente il suo intervento.